Flavia Gattiglia, Il gusto del paradosso e del rovesciamento
Il gusto per la novità, per lo stupire, per il coinvolgere lo spettatore e “smuoverlo” è uno degli aspetti del Barocco a mio parere più interessanti. A partire dal XVI secolo con l’Elogio della follia erasmiano e il filone degli elogi paradossali, gli artisti e gli autori dell’epoca hanno utilizzato il rovesciamento di canoni precedenti come strumento per ricreare uno specchio della società e del mondo disallineato con quello canonico della tradizione.
L’esempio forse più notorio è quello di Alessandro Tassoni e la sua opera più famosa, La secchia rapita (1622). Poema eroicomico che riprende e dissacra la tradizione epica, La secchia rapita è un completo rovesciamento dei canoni tradizionali, a partire dalla scelta stessa della trama: una guerra tra Bologna e Modena causata dal furto di un secchio. Riportiamo qui sotto la prima ottava:
Vorrei cantar quel memorando sdegno
ch’infiammò già ne’ fieri petti umani
un’infelice e vil Secchia di legno
che tolsero a i Petroni i Gemignani.
Febo che mi raggiri entro lo ‘ngegno
l’orribil guerra e gl’accidenti strani,
tu che sai poetar servimi d’aio
e tiemmi per le maniche del saio.
Il contrasto con il tono aulico de La Gerusalemme liberata di cinquant’anni prima (1575) è ben visibile:
Canto l’arme pietose e ‘l capitano
che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co ‘l senno e con la mano,
molto soffrí nel glorioso acquisto;
e in van l’Inferno vi s’oppose, e in vano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti
La dissacrazione della tradizione, l’uso del grottesco e della satira sono temi comuni nel Barocco: la poetica barocca si prefigge di violare le regole della tradizione classica per suscitare maggiore meraviglia nel pubblico.
Nella poesia barocca si riconosce il filone dei marinisti iniziato da Giovan Battista Marino e riconoscibile nella sua poetica dalla commistione di vocaboli appartenenti alla cultura alta come a quella bassa, di neologismi, di volgarismi come di latinismi. Tema comune in tale poetica è l’utilizzo di elementi contrastanti: il sacro con il profano, il linguaggio amoroso aulico con elementi del quotidiano, quasi gravi, mentre l’idealizzazione petrarchesca della figura femminile s’attenua e di fatto scompare. Come Anton Maria Narducci che nella sua poesia Sembran fere d’avorio in bosco d’oro fa diventare i pidocchi della donna amata messaggeri di Amore:
Sembran fere d’avorio in bosco d’oro
le fere erranti onde sì ricca siete;
anzi, gemme son pur, che voi scotete
da l’aureo del bel crin natìo tesoro;
o pure, intenti a nobile lavoro
così cangiati gli Amoretti avete,
perché tessano al cor la bella rete
con le auree fila ond’io beato moro.
O fra bei rami d’or volanti Amori,
gemme nate d’un crin fra l’onde aurate,
fere pasciute di nettarei umori;
deh, s’avete desio d’eterni onori,
esser preda talor non isdegnate
di quella preda onde son preda i cori!
O Pulce sulle poppe di bella donna di Giuseppe Artale:
Picciola instabil macchia, ecco, vivente
in sen d’argento alimentare e grato;
e posa ove il sol fisso è geminato
brieve un’ombra palpabile’ e pungente.
Lieve d’ebeno star fera mordente
fra nevosi sentier veggio in aguato,
e un antipodo nero abbreviato
d’un picciol mondo, e quasi niente un ente.
Pulce, volatil neo d’almo candore,
che indivisibil corpo hai per ischermo,
fatto etïopo un atomo d’amore;
tu sei, di questo cor basso ed infermo
per far prolisso il duol, lungo il languore,
de’ periodi miei punto non fermo.
I poeti marinisti non si limitano a rovesciare i canoni della tradizione poetica amorosa, ma si divertono a proporre situazioni paradossali per il gusto di sconvolgere la tradizione, poetica o religiosa che sia. Proponiamo come esempio di tale filone la poesia di Claudio Achillini, Bellissima spiritata:
Là nel mezzo del tempio, a l’improviso,
Lidia traluna gli occhi e tiengli immoti,
e mirano i miei lumi a lei devoti
fatto albergo di Furie un sí bel viso.
Maledice ogni lume errante e fiso
e par che contra Dio la lingua arroti.
Che miracolo è questo, o sacerdoti,
che Lucifero torni in Paradiso?
Forse costui, che non poteo, mal saggio,
sovrastar, per superbia, al suo Fattore,
venne in coste per emolarne un raggio?
Torna confuso al tuo dovuto orrore,
torna al nodo fatal del tuo servaggio,
e sgombra questa stanza al dio d’amore!
La bestemmia e lo stato indemoniato della donna amata non disturbano il poeta, ma anzi egli ne approfitta per celebrare la bellezza di lei come riflesso del divino che Satana non può che invidiare.
Il gioco del rovesciamento della tradizione religiosa all’interno di quella poetica non è sempre facile: un esauriente esempio ci è dato dal lavoro di Clizia Carminati su Marino, Giovan Battista Marino tra Inquisizione e censura. La commistione tra sacro e profano presente in molti lavori del poeta è passibile di una lettura in odore di eresia, anche se – come scrive la stessa autrice – la radice di tali atteggiamenti dev’essere piuttosto ascritta nell’irreverenza che in un sistema etico eretico. Vogliamo riportare qui un esempio emblematico:
Sacrificio amoroso
A voi, che vivo esempio
siete di Dio nel mondo, il mondo è tempio;
il ferro, e ‘l foco sacro
son gli aurei strali, e i miei sospiri accensi;
i delir puri, gli odorati incensi;
il ministro son’io;
l’altare e il pensier mio;
l’idolo, e ‘l simulacro
vostra bellezza; l’idolatra Amore;
vittima il petto, ed olocausto il cuore.
E’ ovvio che un tale utilizzo di linguaggio sacro nel profano non poteva passare indenne l’attenzione del Sant’Offizio e della Congregazione dell’Indice e difatti Marino fu condannato nel 1623 ad un’abiura de levi suspicione. Dobbiamo dunque ricordare che il gusto barocco per i rovesciamenti e per le trasgressioni impone che esse rimangano sempre limitate e inoffensive per l’ordine sociale.
Questa apparente contraddizione è l’elemento chiave di molti opere appartenenti a diversi generi della letteratura barocca. Un esempio ci è dato dal dramma politico-sociale di Lope de Vega, Fuente Ovejuna, in cui la rivolta popolare contro un tiranno locale (che intende esercitare il famigerato ius primae noctis) non è veramente messa in scena: la plebe che costituisce la comunità non solo non è reale, nobilitata nei suoi discorsi filosofeggianti sull’amore platonico e amore naturale, ma è giustificata nella sua violenza contro la gerarchia e il potere costituito solo dal tradimento dell’alcalde con la monarchia nemica. È solo grazie a tale tradimento che può essere rappresentato un tale disciplinato e di fatto innocuo rovesciamento dei valori nella scala della gerarchia sociale.