Giuseppina Palmenta, La Cappella del Santissimo Sacramento nel Duomo di Reggio Calabria
Presentare un luogo capace di poter raccontare il mio Barocco, è stato per me cosa facile. Il luogo prescelto è la cappella del Santissimo Sacramento, realizzata nel 1539 per volere del vescovo Agostino Gonzaga. Inizialmente dedicata alla Santissima Trinità, fu successivamente convertita in “Congregazione del Santissimo Sacramento” nel 1548. La storia della Cattedrale (foto) e della cappella si intrecciano con quella della Città. Durante le invasioni dei Turchi del 1552 e del 1574 non fu risparmiata dagli incendi e dai saccheggi che colpirono duramente Reggio Calabria. L’intera Cattedrale subì un’opera di ricostruzione dai vescovi che si sono succeduti tra il 1599 e il 1642. Nel 1655, i Rettori della Cappella affidarono al maestro scalpellino messinese Placido Brandamonte l’opera di abbellimento. L’opera fu terminata nell’agosto del 1655, durante il vescovado dello spagnolo Ibanez de Villanueva (1675-1695), che restaurò la Cattedrale con forme barocche. Verso la fine del Settecento, essa era la più bella cappella della grande cattedrale latina, d’origine normanna.
Il gusto barocco si avverte appena si varca la soglia. Ci si sente quasi avvolti dalla magnificenza dei marmi policromi che rivestono le pareti. La pala d’altare è del pittore messinese Domenico Marolì e rappresenta “Il sacrificio di Melchisedech” – prefigurazione del sacrificio eucaristico. Come si diceva prima, del maestro messinese Placido Brandamonte è la decorazione marmorea a tarsie, realizzata con molte varietà di marmi a “mosaico fiorentino”, intarsi policromi damascati, che rivestono tutte le pareti con un effetto notevole. La decorazione inizia su un alto zoccolo di marmo rosso, e presenta nella parte inferiore grandi volute di racemi fioriti e uccelli, mentre nelle zone superiori, sulle lesene e sui pilastri angolari si impreziosisce di motivi più piccoli e più fitti. I motivi di tarsie policrome sono ripresi sulla balaustra a colonnine di marmo rosso che circonda su tre lati l’altare, e in una bordura che corre superiormente tutt’intorno, stretta fra un’alta fascia con putti reggifestoni e motivi fitomorfi su fondo scuro e l’importante cornice bianca terminale con ovali, dentelli e rosoni, che si ritrovano nel maestoso frontone spezzato. Le complesse tarsie figurate cedono a movenze geometrizzanti anteriori al resto della decorazione, in corrispondenza dell’altare, la cui struttura ricorda il robusto barocco romano. E’ sormontato da quattro grandi e pregiate colonne monolitiche di portoro nero venato di giallo, che delimitano il quadro del pittore messinese Domenico Marolì. E’ poggiato su quattro gradini ed è cinto da una balaustrata.
Gli elementi decorativi sono di due tipi: uno con volute ed elementi fitomorfi, i quali spesso si intrecciano come nei laterali dell’altare, ai quali si devono pure aggiungere i cartigli, ed un altro di tipo simbolico costituito da elementi decorativi legati al significato eucaristico. Tralci d’uva si intrecciano alle volute dei cartigli lasciando pendere voluminosi grappoli d’uva, mentre tratti di lauro si sviluppano ai lati delle testine con significato in questo caso legato all’immortalità. Successivi interventi di decorazione della Cappella si dovettero attuare tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento. Il monumento fu gravemente colpito dai sismi che distrussero la città di Reggio, quello del 1783 e quello del 1908. Il terremoto del 1783 inferse un duro colpo alla struttura architettonica nonché alla decorazione, che, venne ristrutturata, ma soprattutto ridecorata dal pittore messinese Domenico Giordano, decorazione pittorica oggi non più esistente. Dopo il terremoto del 1908 la sorte della singola cappella segue quella dell’intera Cattedrale reggina: viene infatti demolita tutta la parte muraria lesionata e ricomposta accanto alla nuova basilica, attraverso un paziente recupero di tutto l’apparato decorativo marmoreo e degli oggetti mobili. Infine, durante la seconda guerra mondiale, l’opera doveva subire un nuovo insulto a causa della caduta al suo interno di uno spezzone incendiario, per cui venne sottoposta ad un ennesimo restauro, conclusosi nel 1965. Di rilevante interesse era la parte superiore della cona, sulla quale erano collocati, sui rispettivi timpani, due angeli sostenenti simboli mariani e delle palme. Altri due piccoli angeli reggiscudo poggiavano su piedistalli nella trabeazione retrostante. Al centro stava l’edicola contenuta fra i due timpani spezzati che perse la maggior parte del rivestimento decorativo con le scosse telluriche, entro la cui nicchia era ospitata la statua dell’Immacolata, al posto della quale oggi è stata ricavata una finestra. Sulla parete di controfacciata erano le allegorie dipinte della Religione e della Fortezza. Si intravede sulla parete di ingresso la cantoria, anch’essa dipinta con delicati motivi neoclassici e con angeli recanti cartigli. Tali interventi sono stati riconnessi a Giordano, il quale avrebbe eseguito gli affreschi della cupola. La cappella del Ss Sacramento potrebbe bastare per riassumere nella sua storia tutta una vicenda culturale calabrese tragica, legata al susseguirsi dei terromoti che hanno depauperato il patrimonio artistico regionale e quello della provincia reggina in particolare.