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Giorgia Pasquini, Barossimoro

Barossimoro perché il Barocco è un periodo di forti contraddizioni, un periodo che vive in uno stato di amore e odio verso il passato, verso il futuro e, soprattutto, verso il suo stesso presente. Esemplari i versi di Gian Battista Marino: “… Volontaria follia, piacevole male, stanco riposo, utilità nocente, disperato sperar, morir vitale, temerario dolor, riso dolente, un vetro forte, un adamante frale, un’arsura gelata, un gelo ardente di discordie concordi, abisso eterno, paradiso infernal, celeste inferno!”: presi in prestito da l’Adone, questi ossimori d’amore, che superano e rompono i canoni petrarcheschi, non realizzano altro che un gioco di specchi, un gioco di uguali e opposti che esplicano, in maniera dirompente, il tormento barocco.

Inoltre, altro ossimoro parallelo sembra essere quello tra insieme e particolare, una continua tensione riscontrabile visivamente nelle statue di Gian Lorenzo Bernini: parliamo delle statue del primo periodo, conservate in Galleria Borghese a Roma, itinerario verde capitolino irrinunciabile.

Apollo e DafneA vedere l’Apollo e Dafne (1622-1625) si direbbe che il Bernini fosse realmente presente nell’accadimento mitologico narrato da Ovidio: Apollo, innamorato, cerca disperato di afferrare Dafne che però, non ricambiando il sentimento, prega il padre e la Terra di soccorrerla, di fare qualunque cosa affichè Apollo non possa possederla. Succede così ch’ella viene tramutata in alloro, significato del suo nome, e che il giovane dio, in ricordo della sua mancata passione, porterà sempre come corona adornante il suo capo. Bernini coglie il momento della metamorfosi, l’attimo in cui le braccia e le mani della fanciulla si stanno trasformando in rami: lui crede di avercela quasi fatta a imprigionarla tra le sue braccia; lei si abbandona, in un misto di spavento e sollievo, alla trasformazione.

 

 

 

Plutone e ProserpinaAnche in Plutone e Proserpina (1621) il tema trattato è ripreso dalla mitologia di Ovidio, in particolare tocca il motivo dell’alternarsi delle stagioni, dovuto al ratto di Proserpina costretta a dimorare negli inferi: una trattativa con la madre della fanciulla, Cerere, convincerà Plutone ad accettare la permanenza alternata di Proserpina sei mesi sulla Terra, sei mesi nell’Ade. Lo scultore si concentra esattamente sul momento fisico del rapimento, seguendo una spirale di eredità manierista, con la donna in cima che cerca disperatamente di fuggire dalle forti mani di Plutone. La fuga è inutile: il dio ha già affondato le mani nella tenera carne della fanciulla, precisamente nei fianchi, senza mostrare nessuna possibilità di rilascio della sua preda.

Infine altro capolavoro beniniano è senza dubbio il “David”, di derivazione biblica, dal celebre scontro di Davide contro il gigante Golia: il futuro re vuole scagliare la pietra contro l’avversario, è la sua unica speranza di vittoria, carica di forza e tensione: il viso del giovane sembra quasi rappresentare quello del Bernini mentre scolpisce il marmo, concentrazione e fatica sono i due fuochi. L’attimo appena prima di scagliare, l’attimo in cui tutto è già deciso.

Queste tre rappresentazioni mostrano il sentimento dell’epoca: l’uomo non è più al centro dell’universo, non è più sicuro e dunque è costretto a reinventarsi un ruolo e una posizione, con il risultato di un uomo nuovo, osservatore e sperimentatore della realtà. Più niente è statico, diversa è la percezione dello spazio e del tempo: è come se questa perfetta bolla di vetro esplodesse dall’interno, a causa di una forza agitata ormai incontenibile.

Bernini sottolinea poi la controtendenza tra aspetto estetico di meraviglia e aspetto mistico interiore: lo fa con un dinamismo suo caratteristico che lo porterà percorrere, con quattro secoli d’anticipo, il dinamismo plastico futurista di Boccioni. Le figure scorrono come la pellicola di un film, girando attorno alla statua a 360 gradi: questa potenza è il mio Barocco.