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Lorenzo Principi, Le occasioni di Prospero Bresciano in età barocca

Principi2La cappella Sacchetti in San Giovanni Battista de’ Fiorentini a Roma, decorata tra il 1622 e il 1623 da Giovanni Lanfranco con gli affreschi della cupoletta, dei pennacchi e delle lunette raffiguranti Storie di Cristo e le due grandi tele laterali con il Cristo portacroce e il Cristo nell’orto, è certamente uno dei luoghi più rappresentativi del Barocco romano. Tuttavia entro lo spazio dell’altare centrale campeggia un grandioso Crocifisso in bronzo (Fig. 1) dalle proporzioni sottili e slanciate, fuso secondo Giovanni Baglione dal parmigiano Paolo Sanquirico tra il 1622 e il 1624 utilizzando un modello di memoria michelangiolesca concepito alla fine del Cinquecento da Prospero Antichi detto il Bresciano (Baglione 1642, p. 43; Ostrow 1998), scultore attivo tra Siena e l’Urbetra tra il 1574 e il 1593 (Angelini 2012; Ostrow 2006 [con bibliografia precedente]), ricordato come protagonista di importanti imprese sistine quali la Fontana dell’Acqua Felice di Termini (1585-1590) e la cappella di Sisto V in Santa Maria Maggiore (1587-1588).

La storia del Crocifisso Sacchetti principia negli anni della prima decorazione del Gesù di Roma: secondo le parole di Baglione e i documenti pubblicati da Pio Pecchai (1952, pp. 96-98), infatti, il modello originario fu ideato dal Bresciano per il cardinale Giacomo Savelli tra il 1587 e il 1593. Sia lo scultore che il mecenate tuttavia non riuscirono a vedere l’opera compiuta che dalla cera originaria doveva essere fusa da Ludovico Del Duca, fratello del più noto Jacopo e già collaboratore di Prospero nell’impresa dell’Obelisco Vaticano (1587 ca.; P. Pietraroia in Madonna 1993, p. 405 cat. 3). Il bronzo per i Savelli non fu mai realizzato, tuttavia dall’originario modello del Bresciano fu tratto, come già ricordato, il Crocifisso Sacchetti fuso molto più tardi dal Sanquirico (Ostrow 1998, pp 43-44), virtuoso autore anche del Paolo V bronzeo in Santa Maria Maggiore (1619-1620).

È dunque nell’opera di Michelangelo che va individuata la genesi del prototipo del Bresciano creato sulla base dell’immagine cristologica della tarda attività michelangiolesca (Rovetta 2011, passim). Lo dimostrano l’estraneità del bronzo Sacchetti dal Crocifisso realizzato dallo stesso Prospero a Siena per l’Oratorio della Santissima Trinità (1574-1578) prima dell’arrivo a Roma e la vicinanza con le raffigurazioni di Cristo di Jacopo Del Duca, fedele traduttore delle ultime invenzioni del Buonarroti, in particolare come si vede nella Crocifissione del celebre Tabernacolo nella Certosa di Padula (Gómez-Moreno 1936; Malgouyres 2011).

In stretta relazione con il bronzo di San Giovanni de’ Fiorentini risultano alcuni piccoli Crocifissi rintracciati in Italia, di cui uno nel Museo Civico di Udine (P. Goi in Bergamini 1992, p. 201 cat. VII.14), che si possono forse far risalire al passaggio tra le mani di Ludovico Del Duca di un “Cristarello di cera” del Bresciano (Bertolotti 1886, pp. 69, 81). D’altra parte la fortuna goduta da questo tipo di opere è registrata anche da Filippo Baldinucci il quale ricordò che Domenico Crésti detto il Passignano “s’era procacciato un Crocifisso di Bronzo di Prospero Bresciano appunto uscito dalla forma, senza che quel gran Maestro ne avesse tagliati i condotti, e per molto, che alcuni ci s’affaticassero, non fu mai possibile il persuaderlo a farglieli tagliare, ed a farlo rinettare, parendo a lui, che nessun’altro avrebbe potuto ciò fare quanto il Maestro.” (Baldinucci 1681-1728, V [1702], p. 140).

Principi1Un’altra testimonianza della fortuna seicentesca del modello di Prospero, omaggiato anche da Algardi e Tacca, finora mai messa in relazione nella bibliografia dedicata al maestro e alla scultura a Roma tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo, si può rintracciare nel campione del Barocco a Perugia, la chiesa Nuova o dell’Immacolata Concezione e di San Filippo Neri celebrata dagli studi specialistici per gli importanti interventi decorativi di Pietro da Cortona, Ciro Ferri e Giovan Andrea Carlone. Nella cappella del Crocifisso, situata nel braccio sinistro del transetto, impreziosita secondo un gusto ‘escurialense’ volto a far dialogare il porfido e il marmo nero, è conservato un Crocifisso bronzeo (Fig. 2) a grandezza naturale accompagnato dai Dolenti. Grazie alle fonti locali e ad alcuni registri contabili nell’archivio della Congregazione sunteggiati da Ettore Ricci (1969, passim) veniamo a conoscenza infatti che le tre figure vennero fuse da Pasquale Pasqualini da Vicenza tra il 1645 e il 1646 traendo la figura del Cristo proprio dalla fusione in San Giovanni de’ Fiorentini. La poco indagata carriera di questo abile fonditore offre interessanti spunti per indagare i rapporti con alcuni protagonisti della scultura Barocca, quali Camillo Mariani (De Lotto 2009, passim), Orfeo Boselli e Francesco Mochi (Favero 2008, passim). La stringente familiarità con quest’ultimo è testimoniata in alcune lettere inviate da Piacenza in cui lo scultore di Montevarchi chiedeva sollecitamente la presenza del Pasqualini per procedere con l’impresa del Monumento a Ranuccio Farnese in Piazza Cavalli. D’altra parte proprio da Mochi e in particolare dalla placchetta del Getty Museum con la Crocifissione (1625-1635; Allen, Cambareri in Fogelman, Fusco 2002, pp. 200-207 cat. 25) sembra essere desunta l’invenzione dei Dolenti che rivela, anche nel confronto con la celebre pala bolognese di Guido Reni di analogo soggetto, lo spirito pienamente barocco. È questo quindi un ulteriore episodio della fortuna seicentesca delle invenzioni di Prospero Bresciano che fa da contraltare all’arcinota sventura del Mosè di Termini, da sempre, come ha messo in luce Steven Ostrow (2006), emblema del suo fallimento scultoreo. Ed anzi rappresenta la massima sublimazione della dicotomia tra le figure di scultore e di modellatore. Se da una parte con il Mosè abbiamo l’esempio della sconfitta artistica, dall’altra con il Crocifisso Sacchetti e le sue repliche grandi e piccole siamo di fronte ad un fortunato episodio di reiterazione di un modello cinquecentesco che, prendendo le mosse all’inizio degli anni Novanta del XVI secolo, giunge ancora fresco alla metà del Seicento confermando le parole di Vincenzo Giustiniani il quale ricordava:

“e questa professione di fare bene i modelli, ancorché sia tanto congiunta con la scultura, riesce talvolta molto lontana; perché si vedono tali persone che modellano squisitamente, che nel mettere una statua in opera si perdono, e danno nelli spropositi.” (Giustiniani, ed. 1971, p. 71).

*Il presente testo è un estratto di un articolo in corso di pubblicazione.

Didascalie:

Fig. 1: Paolo Sanquirico (da un modello di Prospero Bresciano), Crocifisso. Roma, chiesa di San Giovanni Battista de’ Fiorentini.

Fig. 2: Pasquale Pasqualini (il Crocifisso da un modello di Prospero Bresciano), Crocifisso tra i dolenti. Perugia, chiesa Nuova o dell’Immacolata Concezione e di San Filippo Neri.

Bibliografia:

  • A. Angelini, Il Crocifisso di Prospero Antichi, in A. Angelini (a cura di), Una gemma preziosa. L’Oratorio della Santissima Trinità in Siena e la sua decorazione artistica, Siena 2012, pp. 127-129.
  • G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori et architetti dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, Roma 1642, ed. cons. a cura di J. Hess, H. Röttgen, 3 voll., Città del Vaticano 1995.
  • F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, 5 voll., Firenze 1681-1728.
  • G. Bergamini, (a cura di), Ori e tesori d’Europa, catalogo della mostra (Passariano, 1992), Milano 1922.
  • A. Bertolotti, Gian Domenico Angelini pittore perugino e i suoi scolari, in “Giornale di erudizione artistica”, V, 1876, 3-4, pp. 67-87.
  • M. T. De Lotto, Camillo Mariani, in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, 2009, 32, pp. 21-223.
  • M. Favero, Francesco Mochi. Una carriera di scultore, Trento 2008.
  • P. Fogelman, P. Fusco (a cura di), Italian and Spanish Sculpture. Catalogue of the J. Paul Getty Museum collection, Los Angeles 2002.
  • V. Giustiniani, Discorso sulle arti e sui mestieri, ed. a cura di A. Banti, Firenze 1971.
  • M. Gómez-Moreno, El Crucifijo de Miguel Angel, in “Archivio español de arte y arqueología”, 1933, 6, pp. 81-84.
  • P. Malgouyres, La Deposition du Christ de Jacopo del Duca, chef-d’oeuvre posthume de Michel-Ange, in “La revue des musées de France. Revue du Louvre”, LXI, 2011, 5, pp. 43-56.
  • M.L. Madonna (a cura di), Roma di Sisto V. Le arti e la cultura, catalogo della mostra (Roma, 1993), Roma 1993.
  • S. Ostrow, Paolo Sanquirico: a Forgotten virtuoso of Seicento Rome, in “Storia dell’arte”, 1998, 92, pp. 27-59.
  • S. Ostrow, The Discourse of Failure in Seventeenth-Century Roma: Prospero Bresciano’s Moses, in “The Art Bulletin”, LXXXVIII, 2006, 2, pp. 267-291.
  • P. Pecchiai, Il Gesù di Roma, Roma 1952.
  • E. Ricci, La chiesa dell’Immacolata Concezione e di San Filippo Neri (Chiesa Nuova) in Perugia, (“Bollettino di Deputazione di storia patria per l’Umbria”, Appendici, 10), Perugia 1969.
  • A. Rovetta (a cura di), L’ultimo Michelangelo. Disegni e rime attorno alla Pietà Rondanini, catalogo della mostra (Milano, 2011), Cinisello Balsamo 2011.