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Testimonianze straordinarie

Graffiti

Un’autentica fantasmagoria, dove i disegni si alternano alle parole, copre ogni centimetro delle pareti di queste stanze: poveri segni, realizzati con albume mischiato alla polvere dei mattoni sbriciolati del pavimento o alla cenere, eppure estremamente significativi e validi per ricostruire, seppur in maniera per forza di cose approssimata, le sofferenze di quanti passarono di qui. Eloquente il monito che si legge in un angolo:

Nixiti di spiranza vui ch’intrati.

Citazione dantesca, che ben definisce l’atmosfera che si doveva respirare fra queste mura. Già il Pitrè aveva rintracciato la tragica scritta:

Averti ca ccà si duna la corda.

Statti in cervellu ca ccà dunanu la tortura. 

E ancora:

V’avertu ca ccà prima dunanu corda…

Statti in cervelli ca cca dunanu la tortura

arti infami.

Messaggio lanciato da un prigioniero a coloro che sarebbero venuti successivamente e che ci svela, forse più eloquentemente di ogni altra cosa, la triste realtà dell’operare inquisitoriale. Ma sui muri delle celle una scritta di mano ignota ricorda che malgrado le sofferenze:

Semper tacui.

Mostro divoratore«Non parlai mai, mai ammisi le mie colpe». Sono queste le «urla senza suono» di cui parla Leonardo Sciascia. Attraverso i loro disegni è possibile delinearne l’identità. Qui vediamo un mostro che inghiotte i personaggi dell’Antico Testamento inginocchiati dinanzi alla figura di Cristo: possibile testimonianza di eretici giudaizzanti passati fra queste mura. Gli ebrei vengono espulsi dai domini di Isabella di Castiglia e di Ferdinando d’Aragona nel 1492; in molti, però, si convertono al cattolicesimo. Talvolta si tratta di conversioni di facciata; in segreto molti continuano a professare la loro fede; ma altre volte i neofiti perpetuano abitudini inveterate: non mangiano maiale o piatti che mescolino la carne con i latte o i latticini, il sabato pur lavorando si indossano abiti puliti, le donne si lavano dopo le regole mensili: tutto questo è visto dagli inquisitori come segnale inequivocabile di eresia. Sono le prime vittime degli inquisitori: a fronte di 23 assolti, vi sono 570 riconciliati, 1046 penitenziati, 195 bruciati in persona e 276 bruciati in effigie (si brucia una statua quando l’inquisito era morto o era riuscito a fuggire).

Cristo calvarioLe ricorrenti immagini sacre ci parlano anche di un’umanità profondamente devota, incapace però di una fede che sia immune da forme superstiziose: la raccomandazione ad alta voce a santi e martiri o la richiesta di grazie particolari può condurre chiunque dinanzi agli inquisitori. Purtroppo tali formule rientrano a pieno nelle tradizioni religiose siciliane.

Più gravi sono le pene in cui incorrono presunte streghe e presunti maghi, ritenuti in grado di operare sortilegi tramite fatture e pozioni, ma anche guaritori e levatrici: il fatto di accompagnare i rimedi che propongono ai pazienti con litanie e preghiere li fa accusare di avere contatti con il mondo ultraterreno. E li rende vittime facili.

ScrittaNon mancano poi religiosi fra gli inquisiti, talvolta per eresia ma anche per costumi immorali (preti sposati o sacerdoti che approfittano della loro posizione e del segreto confessionale per sollicitare ad turpia).

Latori di una religiosità condannata con la massima pena dagli inquisitori sono poi gli isolani che hanno abbracciato la fede luterana o calvinista e gli stranieri che si sono trasferiti in Sicilia per predicare il credo riformato. Una scritta in inglese ci ricorda queste presenze e il forte dissenso nei confronti della religione cattolica che in Sicilia, come nel resto della Penisola italiana, si coltiva fra Cinque e Seicento.

MannarinoAltri condannati che rischiano gravi pene sono i rinnegati, coloro che – in virtù della loro occupazione marittima o del fatto che sono stati preda in giovane età nelle scorrerie costiere dei pirati barbareschi – si sono convertiti alla religione islamica, trovando peraltro nel mondo musulmano delle possibilità di ascesa sociale assolutamente inedite nell’ambiente da cui provengono. Nell’impero ottomano ai convertiti sono aperte molte cariche pubbliche, mentre l’esercizio della pirateria – praticato peraltro da persone che conoscono bene le coste italiane perché originarie di quei luoghi – assicura ingenti ricchezze. Catturate durante imprese navali e scorrerie queste persone vengono trascinate dinanzi agli inquisitori. Magnifica, dal punto di vista meramente artistico, è la testimonianza del passaggio nelle stanze dello Steri di uno di questi personaggi, Francesco Mannarino, autore di una splendida rappresentazione della Battaglia di LepantoFu una battaglia navale che ebbe luogo il 7 ottobre 1571 e che contrappose la Lega Santa (Monarchia spagnola, Ducato di Savoia, Papato e le Repubbliche di Venezia e Genova) contro l’impero Ottomano. La vittoria cristiana pose un freno all’espansione ottomana in Occidente. disegnata in pochi mesi, da gennaio a maggio del 1600, sulla scorta dei racconti dell’avvenimento consumatosi nel 1571. Fortunatamente a partire dalla seconda metà del Cinquecento ai rinnegati che confessano di essersi convertiti all’Islam per avere salva la vita non verranno più comminate pene gravi.

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