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Vasto: la capitale dello Stato feudale dei d’Avalos. Il Palazzo

La città del Vasto, dal 1497, venne infeudata a Innico II d’Avalos, che ne divenne il I signore con il titolo di marchese, e rimase alla famiglia fino all’abolizione della feudalità (1806). La cittadina abruzzese presto divenne il centro della vita politica ed economica della famiglia: qui, infatti, era concentrata la loro attività di esportazione del grano e di altri prodotti della terra, sia sotto le forme lecite della tratta del grano, sia con la cospicua e redditizia attività di contrabbando. Solo a partire dagli anni Trenta del Settecento, i d’Avalos si stanziarono stabilmente a Napoli, decretando la decadenza del loro sontuoso palazzo vastese.

Palazzo VastoSituato in Piazza Pudente, Palazzo d’Avalos è costruito sui resti di un edificio del XIV secolo. Si tratta di una struttura originaria del Trecento, di cui conserva diversi dettagli decorativi: ne è una testimonianza una splendida bifora. Dopo il periodo angioino, che lasciò tracce profonde nella sua struttura, il palazzo venne ingrandito dal Caldora, allora feudatario della zona, nel 1427. Passata ai d’Avalos, Vasto divenne il cuore del loro potere e il palazzo il centro della loro corte. Qui risiedette anche Vittoria Colonna, sposa di Fernando (Ferrante) Francesco d’Avalos. Nel 1566 l’edificio fu incendiato dai turchi, guidati dal famoso Pialy Pascià; del palazzo rimasero in piedi solo i muri perimetrali, ma nello stesso anno i d’Avalos diedero inizio al suo restauro. A dirigere i lavori fu chiamato Fra’ Valerio De Santis, conventuale di San Domenico. La riedificazione comportò alcune modifiche: il cortile divenne più razionale con l’aggiunta dì un portico (oggi tre delle quattro arcate sono chiuse), mentre a levante fu realizzata una spaziosa terrazza per gli appartamenti marchesali. Agli interventi promossi dai d’Avalos si deve l’edificazione a fianco del palazzo di uno splendido giardino di impronta barocca, affacciato sul mare, che si raggiunge dopo aver attraversato il cortile posto all’entrata dell’edificio. Tra siepi di bosso e cespugli di rose si ergono gli alberi d’arancio, la lavanda, il rosmarino, la salvia, la vite americana, il gelsomino, il geranio, la buganvillea; il verde si configura come una croce attraversata da vialetti ortogonali coperti da un pergolato appoggiato su colonne in muratura: modello comune a molti giardini e chiostri napoletani d’età barocca. In passato c’era persino un padiglione sorretto da colonne abbinato a due fontane ornamentali, oggi non più esistenti; rimangono il pozzo e le panchine in maiolica. Dopo aver percorso il vialetto che costeggia il muro del palazzo dove sono sistemati tra le piante lapidi e reperti archeologici di questo e di altri edifici, si raggiunge il terrazzo panoramico. Il palazzo divenne il centro della vita di corte che ruotava intorno ai d’Avalos, soprattutto tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, grazie a Cesare Michelangelo d’Avalos. Ricchissima la quadreria presente nel palazzo, e oggi andata dispersa, che contemplava, tra gli altri, opere di Federico BarocciFederico Barocci o Federico Fiori detto il Baroccio (1535-1612) è stato un pittore nativo di Urbino, esponente del Manierismo ma allo stesso tempo precursore del Barocco. Iniziò la sua carriera a Roma, sotto l’ispirazione di Raffaello, ma tornò a Urbino nel 1565, dove avrebbe vissuto fino alla morte salvo brevi periodi presso vari committenti italiani., Annibale Carracci, lo Spagnoletto, Albrecht Dürer, Luca Giordano, Guido Reni, Salvator Rosa, Pieter Paul Rubens, Tiziano e il VeronesePaolo Caliari detto il Veronese (1528-1588) fu un pittore rinascimentale. La sua formazione risentì dell’arte del Parmigianino e del classicimo romano, mentre a Venezia subì l’influenza di Tiziano e del Tintoretto. Nella sua produzione spiccano ritratti, quadri sacri, scene mitologiche e cicli affrescati come quello di Villa Barbaro a Maser, nel Trevigiano.. Nel piccolo teatro privato interno al palazzo venivano rappresentate opere teatrali importanti e ‘moderne’, e grande cura era riservata, inoltre, alla ricca biblioteca. Attualmente il palazzo è sede del Museo Archeologico e della Pinacoteca, che contiene un settore dedicato alla pittura contemporanea ed in particolare a quella dell’Ottocento, in cui si possono ammirare opere di Filippo Palizzi, Valerio Laccetti, Francesco Paolo Michetti e Giulio Aristide Santoro, tutti artisti abruzzesi.

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