Cambiamenti lenti
L’alimentazione delle popolazioni europee cambiò certamente a seguito della scoperta delle Americhe e dei cibi da lì importati. Tuttavia, alimenti quali il pomodoro, la patata o il mais si imposero definitivamente nel regime alimentare degli occidentali al termine di un lungo processo, e definitivamente solo a partire dal XIX secolo. Altri prodotti invece si diffusero con maggiore rapidità: nuove bevande come il caffè, il tè e il cioccolato, prodotti e animali esotici come il peperoncino e il tacchino, o anche altri già noti in Europa ma la cui produzione aumentò considerevolmente dal XVI secolo in poi, come nel caso dello zucchero.
All’interno del continente europeo, le differenze nell’alimentazione da regione a regione erano comunque notevoli, causate da vari fattori. La Riforma protestante aveva già contribuito alla rottura dell’unità della cucina europea, favorendo la nascita di diverse cucine locali. L’ingrandimento delle città favorì il passaggio da un’agricoltura di sostentamento a un’agricoltura di mercato, lo sviluppo demografico nel XVI e poi nel XVIII secolo causò l’estensione delle terre destinate ai cereali, mentre la maggior ricchezza dei paesi del Nord Europa può in parte spiegare la maggior produzione e il maggior consumo di alcool. Sull’alimentazione delle popolazioni europee giocarono inoltre un ruolo importante le più generali trasformazioni sociali e economiche: la comparsa delle recinzioni, le enclosures, in Inghilterra e la progressiva concentrazione nelle mani di pochi della proprietà terriera a livello europeo ebbero evidenti ricadute nel modo di mangiare e di bere delle popolazioni continentali. Da un altro punto di vista, la crescente diffusione della stampa favorì la stesura e la circolazioni di libri gastronomici, testi di cucina e trattati sul corretto “stare a tavola” che contribuirono fortemente alla definizione delle diverse cucine nazionali. (immagine: Annibale Carracci, Il mangiafagioli).