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Altre teorie sull’origine dei giganti messinesi

In uno scritto cinquecentesco dell’erudito Francesco Maurolico, il gigante è identificato con la figura di re Zancloto (il cui nome, come nota lo stesso autore, è un evidente riferimento alla falce di Saturno), leggendario fondatore della città (coadiuvato nell’impresa dal gigante Orione) di origine etiope. Nei primi anni del Seicento, Costanzo Giuseppe Buonfiglio, pugnace sostenitore nei suoi scritti di storia della superiorità messinese rispetto alla rivale Palermo, pur considerando anch’egli i due giganti i come i progenitori di Messina, li chiamò Cam e Rea. A suo dire, il riferimento al figlio di Noè capostipite delle stirpi africane sarebbe suffragato dal colore scuro della pelle del gigante maschio.

Nonostante questa intensa attività mitografica, la versione che a tutt’oggi riscuote più successo è quella ambientata al tempo di Ruggero d’Altavilla. I motivi di questa preponderanza sono dovuti probabilmente alla possibilità di integrare in tale quadro storico anche l’enigmatica figura del cammello. Questo dato di fatto, tuttavia, non ha impedito il realizzarsi di una commistione tra la leggenda storica medievale e i temi tratti dalla cosmogonia: i due giganti passano in modo disinvolto dall’epopea mitologica ad un regime di storicità leggendario, permettendo ai loro spettatori di legare il momento genetico della città sia all’origine della storia universale (attraverso il mito di Saturno), sia alla fondazione del Regno, attraverso la leggenda di Ruggero.