La cosmogonia esiodea per spiegare l’origine dei giganti di Messina
Sin dal XVI secolo, gli eruditi hanno attinto al canovaccio delle cosmogonie classiche e, in particolare, alla Teogonia di Esiodo per spiegare l’origine dei giganti messinesi. Stranamente, invece, poca attenzione è stata riservata, a dispetto di quanto accaduto nel resto dell’Europa, a quei passi delle Sacre Scritture che parlano dei primi abitatori della Terra, i giganti antidiluviani, alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, che narra la storia del colosso San Cristoforo e, infine, ai celeberrimi Golia e Sansone. La versione mitologia considera i giganti messinesi figli delle divinità primordiali Gea, la dea Terra, e Urano, il suo figlio-marito. La storia della loro travagliata unione è chiamata in causa per dimostrare il legame concreto con la città dello Stretto: la falce con cui Crono evirò il padre Urano sarebbe ricaduta, secondo la leggenda, nel mare di Messina, che non a caso era nota ai Greci col nome di Zancle, ovvero Falce, per via della peculiare forma del suo golfo. Sulla base di tale racconto, Crono-Saturno e sua moglie Rea-Cibele sono considerati i fondatori di Messina, a cui la città avrebbe dedicato nel Cinquecento i due giganteschi simulacri equestri.