La Tarasca di Siviglia
Tuttora presente in Spagna in numerose località, la Tarasca è invece scomparsa dalla processione della capitale andalusa sul finire del XVIII secolo. La Tarasca di Siviglia era un enorme mostro sormontato da un piccolo fantoccio. Conosciuto come il tarasquillo, esso era una raffigurazione del Male in scala ridotta, che altrove assumeva le sembianze di Anna Bolena, di un diavoletto o di un piccolo moro. La Tarasca è la più importante tra le figure zoomorfe nel repertorio dei giganti processionali spagnoli (di cui ancora oggi possiamo ammirare un assortimento completo a Barcellona e a Valencia). Essa è una sorta di drago che raffigura la fisionomia multiforme dei nemici della Chiesa e simboleggia la loro inevitabile sconfitta. La Tarasca è l’equivalente spagnolo di un mostro provenzale (la Tarasque), che la tradizione vuole sia stato addomesticato grazie all’intervento miracoloso di Santa Marta di Betania. Tale valore simbolico, che è sufficiente a spiegare la sua presenza all’interno della processione del Corpus Christi, non basta tuttavia a giustificare il suo successo e la sua longevità. Essa, infatti, deve la sua costante presenza e centralità nelle feste spagnole alla sua fisionomia ibrida e bizzara, che le ha consentito di emanciparsi dal contesto simbolico religioso in cui era nata ed entrare nell’immaginario festivo laico. Un altro elemento che spiega il successo della Tarasca è sicuramente la sua capacità di interazione con il pubblico. La Tarasca di Siviglia, ad esempio, si distingueva da quella di Barcellona in ragione della sua complessità. Essa, infatti, a differenza del mostro catalano, era dotata di 7 teste (un esplicito riferimento ai peccati capitali) ed era sormontata da un piccolo castello sulla cui sommità c’era uno strano personaggio: dotato di una frusta, quest’ultimo si rivolgeva al pubblico con atteggiamenti goliardici e furfanteschi (con la collaborazione di un gruppo di giovani che lo attorniavano vestiti in modo stravagante).