La Via Crucis di Barile (Potenza)
La Via Crucis di Barile, un piccolo centro del Vulture Melfese in cui ancora oggi si parla un’antica lingua di origine albanese (l’arberesco), è una delle ultime e più suggestive processioni con personaggi viventi che si svolgono in Italia meridionale. Nel maggio del 1983, una versione solenne della processione si svolse nella Città del Vaticano, alla presenza di Giovanni Paolo II. Le sue origini sembrano risalire al XVII secolo, quando il dramma di Cristo venne inscenato per la prima volta da un sacrestano a margine dei riti della Pasqua liturgica. Oggi è possibile ammirare questa spettacolare tradizione anche in alcuni comuni limitrofi (Rapolla, Atella, Maschito, Venosa e Rionero in Vulture).
La Sacra Rappresentazione di Barile inizia con la funzione religiosa dell’ora nona (le tre del pomeriggio del nostro orologio), esattamente nell’istante in cui Gesù morì sulla croce duemila anni prima. Il corteo, che rievoca la Passione e la Morte di Cristo, sfila nello scenario suggestivo del centro storico. Alla processione partecipano oltre cento attori, ripartiti in 25 gruppi. Le cupe atmosfere che accompagnano la Via Crucis simboleggiano il senso di colpa dei cristiani. La lugubre sfilata, aperta dai Centurioni romani e dalle Marie, prevede la presenza di tre immagini diverse del Cristo. Oltre a quello che trascina esanime la Croce, seguito da lontano da una commovente Madonna atterrita dal dolore, prendono parte alla rappresentazione anche il Cristo fustigato e l’Ecce homo con in mano uno scettro di canna. Non mancano attori che impersonano gli altezzosi Sacerdoti del Sinedrio. La processione di Barile si distingue anche per la presenza della Zingara e del Moro. La prima, agghindata con preziosi gioielli, personifica la lussuria e la colpevole noncuranza degli uomini per le sorti del Redentore. A lei si deve, seconda la tradizione, la fabbricazione dei chiodi della Crocifissione. Il Moro, invece, a detta degli studiosi locali, simboleggia l’invasore turco che avrebbe costretto gli albanesi a trasferirsi a Barile. Una figura che ritroviamo anche durante le sfilate dei giganti che si svolgono in molte città calabresi e siciliane, spesso accompagnata o sostituita dal cammello. Come al solito, si tratta di simboli opachi, su cui si sono accumulate così tante leggende da rendere quasi impossibile (e persino superfluo) rintracciarne l’origine.