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Sant’Agata e il fuoco

Sant'Agata e i fuochiUn legame speciale collega Sant’Agata al fuoco. Secondo la tradizione agiografica Agata, dopo essere stata incarcerata, venne torturata al cavalletto e le furono asportate con tenaglie roventi le mammelle. Inoltre, su ordine del governatore romano Quinziano, che avrebbe eseguito severamente gli ordini anticristiani dell’imperatore Decio anche per essere stato respinto da Agata, di cui si era invaghito, fu fatta rotolare su cocci accuminati di vasi ma anche su carboni ardenti.

La presenza del fuoco nel martirio (tipica di molti altri santi, tra cui ad esempio San Lorenzo, torturato su una griglia rovente) assume tuttavia in Agata un significato speciale: Catania è infatti la città dell’Etna e il vicino vulcano è fonte di un continuo pericolo a causa della periodica immissione di lava incandescente. Ecco che Sant’Agata trova così un suo ruolo in difesa della città come protettrice dall’invasione lavica. Strumento di questa intercessione prodigiosa è il velo, una delle reliquie della Santa conservate in uno scrigno d’argento nella Cattedrale. La tradizione vuole che questo velo fosse quello con cui una donna aveva coperto Agata durante la tortura coi carboni ardenti. La prima volta che il velo di Sant’Agata viene utilizzato per fermare la lava è il 5 febbraio del 252, primo anniversario del martirio. Da allora in poi l’uso del velo della Santa sarà periodicamente ripreso. La famosa eruzione del 1669 incrementò la considerazione del potere di Sant’Agata in questo campo. La lava infatti in quell’occasione, giunta a lambire la città, si scaricò a mare senza investire il centro storico e con esso i luoghi della prigione e del martirio della Santa.

Famosa sarà poi l’operazione guidata dall’arcivescovo di Catania Dusmet nel 1886: egli infatti stese il velo di Agata alle porte di Nicolosi, cittadina alle pendici dell’Etna, che non venne investita dalla lava.

Ma un aspetto ulteriore che lega Agata al fuoco è dato dall’enorme consumo di ceri votivi che ha luogo durante la festa. I fedeli promettono alla Santa di donare un cero nella speranza di ricevere un’intercessione per beni materiali o spirituali. Accade così che migliaia di persone, ricevuta la grazia,  depositino durante la festa sul fercolo un cero, spesso di grosse dimensioni e portato più o meno lungamente a spalla.

Al fuoco rimanda infine anche il copioso uso di fuochi d’artificio che puntella varie fasi della festa e di cui la popolazione è molto attaccata ed esperta.