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Il cibo e la tavola nell’alta società

banchettoRispetto agli strati di popolazione di livello medio e basso, l’aristocrazia europea e i gruppi emergenti composti da nuovi nobili, ricchi mercanti ed élites politico-economiche potevano permettersi standard di alimentazione più alti e costosi, o semplicemente improntati ad un gusto diverso e inteso come più chic o esclusivo. Il largo consumo di volatili, cui si è fatto cenno in precedenza a proposito della diffusione in Europa del tacchino, diminuì nel corso dell’età moderna, lasciando spazio, tra i gruppi sociali più elevati, alla carne di macelleria. La diminuzione del consumo di pane, mentre il resto della popolazione si alimentava soprattutto con il grano e altri tipi di frumento, venne bilanciata dalla sempre maggiore richiesta di verdure, specie in Italia: carciofi, asparagi, piselli, funghi, tartufi, legumi, carote, lattuga, crescione, cetrioli, fagiolini, zucche e molti altri. Anche la frutta, in particolare nel XVII secolo, divenne elemento distintivo delle tavole europee più abbienti: intera o in insalata, cruda o cotta, sotto forma di marmellata, gelatina o canditi, la frutta concludeva i banchetti dell’alta società ed era considerata il dessert per eccellenza. Non a caso, tra XVII e XVIII secolo, la nobiltà e l’alta borghesia europea svilupparono una vera e propria passione per giardini, orti e frutteti.

Più in generale, la cucina europea in età moderna conobbe gusti nuovi: eliminate molte spezie e i gusti più aspri e forti, venne potenziata la presenza di cibi dal sapore più delicato, come appunto le verdure, ma anche i latticini. L’armonia dei sapori, la ricerca di alimenti che solleticassero la gola, il senso del gusto da applicare non solo alle arti, alla moda o all’arredamento, ma anche al cibo e al modo di servirlo costituirono elementi nuovi e significativi per il gentiluomo europeo, non a caso definito anche come “uomo di gusto”.

Grande importanza venne data inoltre al modo di servire a tavola, di presentare le varie portate e poi di consumarle. Varie sono le differenze, rispetto ai giorni nostri, nella distribuzione dei cibi tra le varie portate, segno di una contrapposizione tra dolce e salato che la società europea avrebbe acquistito solo nell’Ottocento: capitava così che i fichi, il melone e le more venissero serviti con il sale nell’antipasto, che nel dessert trovassero spazio, accanto alla frutta, anche olive, carciofi, tartufi e vari tipi di formaggio, che in generale durante i pasti si alternassero o venissero serviti insieme piatti dolci e pietanze salate. Inoltre, l’età moderna vide l’introduzione di elementi destinati a rimanere costanti fino ai giorni nostri: l’introduzione della forchetta (in Italia già dal XIV secolo, poi nei paesi vicini durante i secoli XVI e XVII), la creazione, all’interno delle abitazioni, di una sala da pranzo destinata al consumo dei pasti (ma ciò avvenne soprattutto nel Settecento) e la fine della cosiddetta “promiscuità conviviale”, cioè la comparsa sulla tavola di cucchiai, coltelli e bicchieri individuali a scapito dell’abitudine medievale di utilizzare stoviglie comuni durante il banchetto. Variavano infine da regione a regione, e in base al ceto sociale di appartenenza, altre regole non fisse, relative agli orari dei pasti, all’ordine in cui venivano serviti gli ospiti, alla disposizione di cibi e bevande sulle tavole e all’utilizzo di differenti tipi di condimenti. Da quest’ultimo punto di vista, consolidata divenne la differenza tra la cucina dei paesi mediterranei, incentrata sull’olio, e quella dell’Europa settentrionale, dove si preferiva invece il burro (immagine: Gaspar Van den Hoecke, Il banchetto).

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