Rubens tra Mantova e Madrid
I conoscitori-artisti e i politici-diplomatici che si rincorsero tra Spagna, Italia e Fiandre per tre decenni, a partire dai primi anni del Seicento, incapparono nella forza simbolica della collezione Gonzaga. Il regista di questo network culturale europeo fu colui che trasformò ed esportò il messaggio della raccolta: Pieter Paul Rubens. Gli incarichi che, a partire dal 1600, gli vennero affidati da Vincenzo GonzagaVincenzo I Gonzaga (1562-1612) fu duca di Mantova e del Monferrato dal 1587 fino alla morte. Fu uno dei grandi principi del Rinascimento italiano, amante del lusso e delle feste ma anche potente protettore di artisti e letterati. Tra gli altri, liberò dalla prigionia Torquato Tasso, ospitò a corte il compositore Claudio Monteverdi e assunse come pittore e diplomatico l’artista fiammingo Pieter Paul Rubens. Dopo il primo e mai consumato matrimonio con Margherita Farnese, figlia del duca di Parma, Vincenzo sposò in seconde nozze Eleonora de’Medici, figlia del granduca di Toscana. e dalla moglie Eleonora de Medici, dimostrano che l’artista era entrato nel cuore della famiglia, tanto da ritrarre, in forma privata e intima, tutti i suoi componenti. Per lui, gli otto anni seguenti furono un crescendo di incarichi, molti dei quali assai difformi dal ruolo di pittore di corte, per cui era stato delegato il più quieto e obbediente Pourbus. Viaggiare, valutare opere d’arte, portare a termine missioni diplomatiche, tutto questo era preminente per Vincenzo rispetto al talento artistico di Rubens, tanto da concedergli enorme libertà all’interno delle raccolte ducali. Durante i primi anni del Seicento, il viaggio di Rubens a Valladolid e poi a Madrid in qualità di servitore del duca di Mantova per portare doni a Filippo III e al duca di Lerma furono fondamentali. Durante la traversata da Livorno a Valladolid l’artista, che si presentava come disegnatore e pittore del “Serenissimo Duca di Mantova”, aveva avuto dei problemi con gli imballaggi del suo carico e alcuni dei 50 quadri che portava in dono si erano guastati. Senza perdersi d’animo, ne aggiustò alcuni, altri li ridipinse e la sua intraprendenza fu ripagata con la completa soddisfazione del duca di Lerma che glieli fece collocare alle pareti della sua residenza. In questo momento iniziò la straordinaria carriera diplomatico-artistica di Rubens, che distribuì i quadri a suo piacimento nella Galleria del duca e li trasformò in un unicum, tanto che ognuno perse il proprio valore attributivo, acquistando il senso dell’insieme. La relazione del 18 luglio 1603 stilata da Annibale Iberti, ambasciatore mantovano in Spagna, sulla riuscita della missione spagnola, è un capolavoro di diplomazia. L’Iberti racconta del modo in cui il pittore aveva approntato i quadri nella Galleria, mettendo ad ognuno delle cornici per renderli più grandi e di come il duca li avesse ritenuti tutti originali. La missione, oltre a rivelarsi un successo personale per il fiammingo, segnò l’affermazione di Vincenzo I come collezionista e committente aggiornato e sempre alla moda in terra iberica. Nell’occasione, il duca spagnolo chiese a Rubens il suo ritratto equestre (Madrid, Museo del Prado, nell’immagine): qui, memore della sua esperienza italiana, il fiammingo si ispirò al famoso Ritratto a cavallo di Carlo V di Tiziano (Madrid, Museo del Prado), e lo riformulò alla maniera barocca, conferendogli maggior dinamismo, tensione e monumentalità. Dopo lo straordinario successo riscosso con quest’opera, la corte spagnola tentò di convincerlo a trattenersi, ma più allettante per lui era il ruolo che rivestiva in Italia presso i Gonzaga, dove sapeva con certezza di avere ancora molto da imparare.