Collezionismo tra Italia e Spagna: i Baccanali di Tiziano
Nel Museo del Prado a Madrid si possono ammirare due capolavori di Tiziano, il Baccanale degli Andrii (immagine 1) e l’Offerta a Venere (immagine 2), che il conte di Monterrey acquistò nel 1633 dalla collezione appartenuta al cardinale Ludovico Ludovisi ed ereditata da Nicolò Ludovisi. Questi cedette i preziosi dipinti allo scopo di ottenere da Filippo IV di Spagna il Principato di Piombino. Eseguite dal maestro veneto nei primi anni Venti del Cinquecento, le tele erano destinate a ornare il camerino di alabastro di Alfonso I d’Este sulla via Coperta, luogo mitico della Ferrara estense. Nello stesso ambiente si trovavano il Festino degli dei di Giovanni Bellini (1514, Washington, National Gallery), il Bacco e Arianna di Tiziano (Londra, National Gallery) e un quadro di Dosso Dossi, di soggetto bacchico, che è stato suggerito di identificare con il Trionfo di Bacco oggi a Mumbai, Prince of Wales Museum. Il celebre ciclo pittorico, da intendere come uno dei primi insiemi decorativi omogenei a soggetto mitologico, era ispirato a testi letterari antichi, dalle Immagini di Filostrato a opere di Catullo e Ovidio, ed era dedicato ai piaceri del vino e dell’amore; una celebrazione che a differenza del camerino allestito a Mantova dalla sorella di Alfonso I, Isabella d’Este, venne liberata da ogni intento moraleggiante. Per Tiziano il mito è l’occasione per giocare con l’immaginazione e avviare una riflessione sull’uomo e il suo destino.
Indebitamente sottratti nel 1598 dal cardinale Pietro Aldobrandini all’epoca della Devoluzione di Ferrara alla Santa Sede, i quadri entrarono nella raccolta del porporato, quindi furono donati nel 1621 da Olimpia Aldobrandini, sorella di Pietro, al nipote di papa Gregorio XV, il cardinale Ludovico Ludovisi. Dalla prestigiosa serie sono state tratte diverse copie, sia nel periodo della sua permanenza nella collezione del cardinale Pietro, sia nella fase in cui alcuni quadri sostarono nella collezione Ludovisi e anche in seguito, quando il dignitario spagnolo Monterrey li acquisì. Tra i primi pittori a riprodurre i celebri dipinti ci furono Giuseppe Cesare detto “il Cavalier d’Arpino” e Alessandro Varotari detto “il Padovanino”, al quale si devono le repliche più fedeli, eseguite quando gli originali si trovavano ancora presso Olimpia Aldobrandini. All’atto della cessione degli Andrii e dell’Offerta a Venere al sovrano spagnolo, il bolognese Domenichino si mostrò addolorato per la perdita di tali capolavori. Questi, oltre ad avere ispirato gli artisti attivi a Roma tra gli anni Venti e Trenta del Seicento, come Nicolas Poussin, Francois Duquesnoy e Pietro da Cortona, contribuirono alla nascita della corrente neoveneta. Peraltro continuarono a essere copiati anche dopo il loro trasferimento in Spagna, dove vennero esposti nel Palazzo dell’Alcázar e ricordati negli inventari a partire dal 1666. Tra i maestri che meglio compresero e seppero riproporre con efficacia lo stile di Tiziano ci fu Pieter Paul Rubens, autore delle copie degli Andrii e dell’Offerta a Venere (oggi nel Nationalmuseum, Stoccolma), eseguite dopo aver ammirato e studiato gli originali nel corso della sua missione diplomatica a Madrid nel 1628-1629.