Disegno spagnolo e modelli italiani: l’esperienza di Diego Velázquez
Secondo le fonti Diego Rodríguez de Silva y Velázquez (1599-1660) fu un instancabile disegnatore, anche se ad oggi sopravvivono solo una decina di fogli di sua mano, alcuni dei quali di attribuzione controversa. L’attività grafica, iniziata in gioventù nello stimolante ambiente sivigliano sotto la guida del suocero e primo maestro Francisco Pacheco, proseguì in particolare durante i viaggi in Italia (1629-1631 e 1648-1651), nel corso dei quali ebbe modo di affinare la sua tecnica studiando e copiando disegni italiani. Fu Pacheco nella sua Arte de la Pintura (1649) a descrivere la propensione del genero per il disegno: questi, dopo aver convinto un apprendista a fargli da modello, lo aveva ritratto “in diversi atteggiamenti e posizioni, ora piangendo, ora ridendo, non cercando mai di sottrarsi ad alcuna difficoltà”. Il risultato fu l’esecuzione di molte teste a carboncino e biacca su carta azzurra, che gli consentirono di acquistare mano sicura per il ritratto. In seguito l’artista sperimentò anche tecniche diverse, come la penna acquerellata, in uno studio continuo che lo spinse a impadronirsi dei modi dei predecessori. La Testa di giovane donna (Madrid, Biblioteca Nacional, 1622 ca., carboncino su carta) è un’istantanea straordinaria che restituisce il volto della moglie Juana Pacheco, figlia del maestro Francisco, ritratta di tre quarti mentre si volge spontaneamente verso chi guarda. Assai simile l’altro foglio con Testa di ragazza, sempre presso la Biblioteca Nacional di Madrid (1622 ca., carboncino su carta). La tecnica utilizzata è la stessa e anche i tratti del volto sono somiglianti: la fanciulla infatti è stata identificata con la sorella minore di Juana (ma potrebbe anche trattarsi della figlia della coppia, la piccola Francisca de Silva Velázquez y Pacheco, nata nel 1619). L’acquerello con la Cattedrale di Granada (Madrid, Biblioteca Nacional, penna e acquerello), realizzato dal giovane artista nel 1629 prima di imbarcarsi per l’Italia, fissa su carta lo scorcio della città andalusa, restituendone il senso della luce e dell’atmosfera. Velázquez si mostra capace di cogliere, con straordinaria capacità di sintesi, l’essenza del luogo, tratteggiato con un limpido gioco di chiaro scuri. Nel raffinato Ritratto del cardinale Gaspar de Borja y Velasco (1580-1645) (Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, carboncino su carta) riferibile agli anni Quaranta del Seicento, preparatorio per il dipinto a mezza figura che oggi si trova a Porto Rico, l’arcivescovo di Siviglia e Toledo in posa ufficiale osserva con piglio severo lo spettatore. Nell’eleganza del tratto a carboncino e nella capacità di restituire la vita interiore del personaggio Velázquez mostra di conoscere e apprezzare l’attività grafica del celebre ritrattista romano Ottavio Leoni detto il Padovanino. I disegni che Velázquez trae in Italia da testi magistrali, come la Cappella Sistina, rappresentano un serbatoio di modelli da utilizzare a piene mani una volta rientrato in Spagna: è il caso della Favola di Minerva e Aracne (1657 ca., Madrid, Museo del Prado, nell’immagine), dove viene riproposta la posa degli ignudi della Sistina nelle due giovani filatrici in primo piano.