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Mata e Grifone

Per spiegare l’origine di questi strani nomi, i messinesi hanno ideato un racconto favoloso, una sorta di canovaccio genealogico. Generalmente, i due colossi sono identificati con i mitici fondatori di Messina, vissuti all’epoca della dominazione saracena dell’Isola, che in tale ottica assume i contorni di un’epoca originaria. Questa finzione permette di reintegrare la stagione araba nella storia della città e di mitigare il tema del conflitto religioso. A tal fine, Mata è identificata con una bella popolana del quartiere messinese del Camaro ovvero con una principessa locale “conquistata” (mediante il rapimento o al prezzo di una commovente conversione) da un re moro di dimensioni sovrumane dedito all’antropofagia: la gigantessa avrebbe “addomesticato” la furia del guerriero saraceno e risparmiato lutti e sofferenze al suo popolo.

Nel racconto di un gigantaro (il costruttore di giganti) originario di Messina, che ha contribuito nel secolo scorso alla diffusione dei fantocci festivi nella vicina Calabria, tale leggenda subisce un’interessante variazione: l’unione tra i due colossi finisce male, con l’uccisione di Grifone, colpito dalla fionda di un pastorello (novello Davide) e con il suicidio di Mata. Questo racconto potrebbe essere la spia di una genealogia diversa dei giganti siciliani, simile a quella dei tanti fantocci nord-europei nati proprio per rappresentare “il gioco” di Davide e Golia, ovvero la prova di una circolazione europea dei modelli interpretativi.