Ida Triglia, L’Esploratore turco di Marana: un filtro sul Seicento europeo
Definito dalla critica come il primo romanzo epistolare pseudo orientale, L’esploratore turco e le di lui relazioni segrete alla porta ottomana fu pubblicato presso Barbin a Parigi nel 1684; nello stesso anno fu pubblicato in francese, presso il medesimo editore, con il titolo L’Espion du Grand Seigneur et ses relations secrètes envoyées au Divan de Constantinople. L’autore è Gian Paolo Marana, genovese emigrato a Parigi dopo essere stato implicato nella congiura di Raffello della Torre; cornice del romanzo è il ritrovamento – descritto nella prefazione – di una serie di lettere di Mahmut, conosciuto con lo pseudonimo di Tito di Moldavia, con le quali informava i suoi corrispondenti orientali ed emissari della Porta circa avvenimenti della Corte di Francia e vicende della storia europea tra il 1637 e il 1682.
Il primo volume, nella versione italiana e francese, contiene 30 lettere. Nel 1686 viene pubblicato il secondo volume e contiene le lettere 31-69 (della versione italiana si possiede solo il manoscritto, presso la Bnf); nello stesso anno viene dato alle stampe anche il terzo volume (di cui non si conserva alcun manoscritto, né l’edizione italiana), con le lettere 70-102. L’Espion varca la Manica e viene pubblicato nel 1687 in lingua inglese, con il titolo Letters writ by a Turkish Spy, senza indicazione di autore. Fra il 1691 e il 1692 verranno pubblicati altri sei volumi, senza alcun precedente francese. Contemporaneamente alla diffusione delle prime edizioni inglesi, l’opera viene nuovamente pubblicata in francese sul continente ma con un testo diverso dal 1684-86, che risulterà la traduzione del testo inglese, con titolo L’Espion dans les cours des Princes Chrétiens, in due volumi, e Suite de l’Espion, in quattro. Questa traduzione dall’inglese godette di grande successo, testimoniato dalle numerose edizioni che seguirono, l’ultima nel 1756. La complessa vicenda editoriale, qui esposta a grandi linee, si intreccia con il problema della paternità dell’opera (in modo specifico delle lettere successive alla 102); le candidature individuate dalla critica per colmare questa lacuna sono: Marana stesso (Cfr. Almansi, Guido. “L’Esploratore turco e la genesi del romanzo epistolare pseudo-orientale”, Studi secenteschi 7 (1966): 35-65) e vari esponenti della vita culturale inglese (Cfr. The Gentleman’s magazine 14 (1840): 465-469; Tucker, Joseph. “On the authorship of The Turkish Spy: an état presént”, Papers of the Bibliographical society of America 52 (1958): 34-57) e francese (Cfr. La Monnoye, Bernard de. Oeuvres choisis. Vol. 3. La Haye: chez Charles Le Vier; Dijon: chez F. Des ventes, 1770 e Dictionnaire des ouvrages anonymes et pseudonyms, par Ant.Alex.Barbier. 3. ed. revue et augmentéé. Vol.2. Paris: P. Daffis, 1874).
L’Espion può essere considerato una valida fonte per lo studio della civiltà secentesca europea: le epistole che Mahmut invia ai suoi corrispondenti orientali offrono un quadro degli avvenimenti politici e culturali del tempo, anche nei suoi aspetti più strani e segreti, che vengono scrutati con curiosità sociologica; la descrizione del vero, che costituisce il filo conduttore del romanzo, appare come un grande contenitore di aneddoti, dibattiti filosofico-religiosi, vicende sentimentali e autobiografiche che rendono l’Espion “un mostruoso romanzo-zibaldone, che contiene materiale disceso da ogni parte” (Citati, Pietro. Letterati, inquiete spie. La Repubblica. 26 marzo 1992). La maschera dell’osservatore straniero concede a Mahmut una posizione di sicurezza e di distacco attraverso la quale conduce una critica della società e del costume contemporaneo; nelle lettere affronta i grandi problemi del momento: tolleranza religiosa, despotismo, libertà di stampa, rapporto Chiesa e Stato. Ma l’obiettivo di Marana era anche quello di scrivere una indiretta storia encomiastica del Regno di Luigi XIV: il risultato è un opera di equilibrio e di compromesso fra l’esaltazione della gloria di Francia e critica sociale.
Da un punto di vista antropologico l’Espion, nella storia della cultura occidentale, può essere considerato un filtro utile a rilevare la percezione del mondo turco nell’Europa secentesca e a valutare che tipo di immagine gli occidentali avevano degli usi e costumi turchi: Mahmut è un turco i cui connotati si sovrappongono genericamente a quelli di un arabo ed è in ogni caso “un musulmano in crisi, portato dalle sue libere riflessioni a coltivare una religione etica, i cui articoli principali erano l’amor di Dio e del prossimo, e l’esercizio di una vita virtuosa”. E “se la sua missione è esplorare i fatti dei cristiani, il suo destino è interrogarsi sul senso e sulla legittimità di questa missione, esplorare se stesso. Ce n’è abbastanza, mi pare, per riconoscere, pur nella marginalità dell’episodio, i sintomi di una nuova fase nella storia del romanzo europeo” (Roscioni, Gian Carlo. Sulle tracce dell'”Esploratore turco”. Milano: Rizzoli, 144-145). L’Espion in effetti inaugura una nuova stagione di “spie” internazionali che nel secolo successivo si nasconderanno fra fiumi di inchiostro: L’Espion chinois, ou L’envoyé secret de la cour de Pékin pour examiner l’Etat présent de l’Europe; The jewish spy: being a philosophical, historical and critical correspondence by letters; The german spy in familiar letters from Munster, Paderborn, Osnabrug; The golden spy or, a political journal of the British nights entertainments of war and peace, and love and politics et al. L’Espion è soprattutto considerato il modello a cui si ispirò Montesquieu per la composizione delle Lettres persanes.
Nella storia della letteratura italiana Marana è marginalmente ricordato sia nella veste di storiografo sia come autore dell’Esploratore turco. È da segnalare il contributo di Almansi pubblicato su Studi secenteschi e, congiuntamente a Warren, la sua edizione del testo manoscritto dell’Esploratore turco, in tempi diversi. Salvatore Rotta ha pubblicato una sua dettagliata biografia, mentre un grosso apporto è stato dato da Gian Carlo Ruscioni, che ha ampiamente documentato la vicenda biografica ed editoriale di Marana; brevi e circostanziati sono gli interventi successivi.
Se l’Espion (o The turkish spy), è rimasto in Italia un romanzo per eruditi e amanti del raro, per la sua difformità e complessità si presta invece ad ambiti di studio differenti; il viluppo di fonti di cui è testimonianza ne fa un romanzo moderno: un po’ caotico, contraddittorio, introspettivo e ambiguo, che nulla esclude e nulla possiede.