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Filomarino e la rivolta di Masaniello

Rivolta MasanielloLa condotta del cardinal Filomarino durante la rivolta di Masaniello (1647-48) è stata a lungo oggetto di dibattito tanto tra i testimoni e i protagonisti dell’evento quanto tra gli storici dei secoli successivi. In molti, soprattutto il viceré conte di Oñate, lo accusarono di aver apertamente parteggiato per i rivoltosi, di essersi mosso in prima persona per favorire l’arrivo dei Francesi a Napoli e, conseguentemente, di essersi macchiato di infedeltà verso il suo legittimo sovrano, il re di Spagna Filippo IV. In realtà, durante la rivolta Filomarino mantenne un comportamento volutamente ambiguo, mostrando effettivamente simpatia per i rivoltosi e scarsa considerazione per alcuni esponenti del potere spagnolo (primo fra tutti il viceré duca d’Arcos), ma facendo comunque attenzione a non oltrepassare mai il confine della fedeltà al re. Esercitò un indubbio ascendente su Masaniello e in generale il suo carisma fece più volte presa sui capi della rivolta, riuscì a far nominare il parente Francesco Filomarino di Roccadaspide per la posizione strategica di “grassiere” della città (ovvero il prefetto dell’annona), cercò di porsi come mediatore tra i rivoltosi e il potere vicereale, presenziò al giuramento del duca di Guisa (benedicendone la spada), ma non è storicamente provato che egli abbia mai cercato, in accordo con il cardinal Mazzarino e con papa Innocenzo X, di imporre il dominio francese sul sud Italia. Si rifiutò di scomunicare la città e di lanciare l’interdetto, così come disapprovò con forza il bombardamento della città voluto da Arcos ed effettuato dalla flotta giunta nel porto di Napoli agli ordini di Don Giovanni d’Austria. Assieme a quest’ultimo e al nuovo viceré Oñate, Filomarino attraversò a cavallo la città il 6 aprile 1648, per diffondere la notizia della fine della rivolta e per spingere i capi, su tutti Gennaro Annese, ad arrendersi pacificamente. A rivolta conclusa, Oñate chiese invano la destituzione di Filomarino, considerato ormai come un nemico interno nel viceregno spagnolo. Il cardinale sarebbe invece rimasto a Napoli fino alla morte, nel 1666.

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