Silvia Manzi, Postmoderni e nostalgici: il tòpos del giardino barocco
L’eredità è testimonianza e stimolo culturale per il presente.
Eredità del gusto barocco è il giardino di Villa Garzoni, a Collodi, frazione di Pescia (Pistoia). Quasi un luogo della fantasia, in cui l’immaginazione si perde tra siepi di bosso, grotte, trionfi d’acqua, scalinate, statue, foreste di bambù, serre con i pavoni… (per una descrizione approfondita della villa e del giardino si rimanda al sito ufficiale della villa e dello storico giardino: http://www.pinocchio.it/giardinogarzoni/).
L’arte è attraversata dal flusso vitale della natura, a sua volta percorsa dal virtuosismo dell’arte (indicativo dell’intreccio è la fontana).
Le rappresentazioni rinascimentali della natura – limitate e misurate – si dilatano in innumerevoli prospettive e giochi visivi; fioriscono, pulsano nei loro riflessi lussureggianti. È l’effimero, lo spettacolo che si perde e si consuma (Giulio Ferroni, Storia della Letteratura Italiana. Dal Cinquecento al Settecento, Milano, Einaudi, 1991, pp. 252-256).
Il contatto tra uomo e natura non passa solo attraverso la regola e la geometria: è ormai sensazione epidermica.
Il locus amoenus, in cui si impongono labirintiche strutture, si trasforma in hortus conclusus dove il percorso da lineare si fa ingannevole. Così accade nel Giardino di Aminta, nella Gerusalemme del Tasso.
Uno studio approfondito del groviglio di elementi può forse essere una sfida all’anonimato e all’opacità dei “non-luoghi” dell’oggi. Luoghi privi di identità, avulsi da rapporti con la tradizione, con la storia e quindi candidati necessariamente a non essere eredità per il futuro.
Il giardino Garzoni può rappresentare allora un ideale punto di riferimento significante, dove la forma – saussurianamente (Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, a cura di Charles Bally, Albert Riedlinger e Albert Sechehaye, Losanna-Parigi, Payot, 1916. Trad. it. in Tullio De Mauro (a cura di), Corso di linguistica generale, Roma-Bari, Laterza [1967], 2009) – è già significato; un modello a cui guardare in alternativa ai numerosi luoghi dell’oggi – parchi a tema, ma anche aeroporti, autogrill, centri commerciali, stazioni – che condividono, come Marc Augé insegna (Marc Augè, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità , Milano, Elèuthera, 2009), la caratteristica dell’anonimato, della riproduzione in serie.
Il confronto e il recupero dei sema potrebbe forse condurre a una riflessione amara: l’attrazione per il Barocco dell’uomo post-moderno, che vive in ambienti anonimi, è spia dell’incapacità di creare, suscitare meraviglia?