La Badia di Sant’Agata di Catania
Rispetto al rigido piano di ricostruzione della città originariamente predisposto dal viceré duca di UcedaJuan Francisco Pacheco, duca di Uceda, fu viceré di Sicilia dal 1687 al 1696., dal duca di CamastraPalermitano di nascita, Giuseppe Lanza, duca di Camastra (1630-1708) fu un magistrato e un personaggio molto vicino al potere spagnolo. Proprio il viceré duca di Uceda lo incaricò di organizzare e dirigere la fase di ricostruzione di Catania e di tutta la Sicilia sud-orientale dopo il devastante terremoto del 1693. e dall’ingegnere militare De Grunenbergh, il processo di edificazione dei nuovi edifici non seguì un rigido impianto geometrico. Uno dei principali protagonisti della ricostruzione nei primi decenni del XVIII secolo fu l’architetto Giovan Battista Vaccarini. Nella veste di “Architetto commissario prefetto delle opere della città”, riconosciutagli dal senato catanese, l’artista ha lasciato la sua impronta principale in Piazza del Duomo. La facciata del Duomo e del Palazzo Senatorio, assieme alla Fontana dell’Elefante, sono infatti sue opere, così come è frutto del suo genio creativo, nella medesima piazza, la chiesa di Sant’Agata (foto).
I lavori di edificazione di quest’ultima furono finanziati dalle monache benedettine e durarono dal 1735 al 1767. La struttura interna è a croce greca, con la zona dell’altare rialzata rispetto alle due cappelle sui lati. Per consentire alle religiose di ricevere i sacramenti, la chiesa comunica direttamente con i locali del monastero attraverso portali in marmo. Gli stucchi rococò furono eseguiti dopo la morte del Vaccarini. Da segnalare sull’altare maggiore, di fronte all’ingresso, la statua di Sant’Agata.
La facciata ha una conformazione singolare, con una profonda concavità centrale in corrispondenza dell’ingresso e due convessità laterali meno accentuate. In queste ultime, si aprono due eleganti finestre, comprese nell’ordine unico di pilastri poco rilevati in pietra calcarea. Questi pilastri sono arricchiti da capitelli composti di gigli, palme e corone, simboli delle virtù della Santa protettrice di Catania, ovvero la verginità, il martirio e la gloria celeste. Il portale presenta una coppia di colonne binate su alti basamenti e un architrave ornato da angeli su due volute, disposti intorno ad una grossa targa tra nuvole e raggi. Lungo tutta la facciata, al di sopra di una frangia di arabeschi, una gelosia metallica curvilinea, dall’articolato disegno, fa da schermo a due vani laterali da cui le suore potevano assistere alle processioni.
L’attico posto sulla sommità della struttura segue ai lati un andamento concavo, opposto alle sottostanti parti convesse della facciata. Il frontone invece, posto al centro con gruppi decorativi figurati, segue l’andamento concavo della parte centrale della facciata, come la grande apertura semicircolare che sovrasta l’entrata. Al di là di una balaustra traforata e intervallata da statue di santi, fruttiere e incensiere, spicca la cupola emisferica, elemento caratterizzante del paesaggio urbano catanese. Alcune coppie di costoloni raccordano il tamburo ottagonale alla calotta. Sopra di essa si erge la grande lanterna, circondata alla base da un balcone, scandita da colonne riunite in un’alta trabeazione e sormontata da una piccola cupola.