I domini pugliesi: Marchione e Alberobello
Castello Marchione, a circa sei chilometri da Conversano, fu fatto edificare dalla famiglia Acquaviva d’Aragona nel 1720, come casina di caccia. La tenuta si estendeva per 1260 ettari ed era costituita da un bosco di querce e da macchia mediterranea; la leggenda vuole che un passaggio sotterraneo collegasse Marchione con il Castello di Conversano. L’edificio presenta una perfetta simmetria sia lungo l’asse longitudinale che lungo quello trasversale e si sviluppa su tre piani: il piano terra, l’ammezzato e le quattro torri disposte agli spigoli dell’edificio; il piano superiore, di epoca barocca, sarebbe opera della scuola del VanvitelliFiglio del pittore olandese Gaspard van Wittel, Luigi Vanvitelli (1700-1773) è una figura fondamentale nel passaggio dal Barocco al Neoclassicismo, tra i massimi rappresentanti dell’architettura settecentesca italiana. Tra le sue opere, la più celebre è senza dubbio la reggia di Caserta, i cui lavori furono però portati a termine dal figlio Carlo.. Al piano superiore i soffitti, originariamente di legno, furono sostituiti, nel secolo XIX, con le volte in muratura, tranne nel salone centrale, dove sono riprodotti, in due bellissimi dipinti, lo stemma Acquaviva d’Aragona e lo stemma Filomarino. Nelle pareti dello stesso salone si trovano dipinti su tela due alberi genealogici, quello della casa Acquaviva d’Aragona e quello dei Filomarino; vi è inoltre il ritratto del celebre Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona. Sulle stesse pareti vi sono dei “medaglioni” (dipinti a olio su rame), che raffigurano i vari duchi d’Atri della casa Acquaviva d’Aragona.
A una trentina di chilometri da Conversano si trova Alberobello, la famosa città dei trulli. La cittadina deve la sua fondazione a Giangirolamo II d’Acquaviva, che urbanizzò quella che prima era una selva, introducendo dai feudi vicini alcune famiglie contadine con il compito di bonificare e coltivare le terre. Su questa nuova fondazione circolano molte leggende. Sembrerebbe, infatti, che la costruzione dei trulli risalga proprio a questo periodo e sia dovuta all’abbondanza di materiale sedimentario calcareo e all’ordine del conte di costruire case solo con muri a secco, senza l’uso di malta. Tale obbligo fu un espediente del conte che aveva popolato la selva di Alberobello senza autorizzazione viceregia e senza pagare il tributo dovuto alla Regia Corte per le nuove fondazioni; in caso di ispezione dei funzionari viceregi, le case potevano essere facilmente demolite: così avvenne nel 1644, quando Giangirolamo, informato di un’imminente ispezione, fece radere al suolo l’intero villaggio in una sola notte e gli ispettori trovarono solo un cumulo di pietre.
Palazzo Acquaviva fu utilizzato come residenza per la villeggiatura e la caccia e fu edificato nel 1635 da Gian Girolamo II (come testimonia un’epigrafe oggi sulla facciata che dà sul giardino). Inizialmente l’edificio era ad un piano, comprensivo di una taverna e di altri locali. Vi era al suo interno anche una cappella di famiglia con un dipinto che rappresentava la Vergine di Loreto e i SS. Medici Cosma e Damiano: le testimonianze del culto della Vergine e dei SS. Medici, come vediamo, sono una costante, sempre presente nei diversi edifici legati alla famiglia Acquaviva. Il culto dei due santi, poco presente fino ad allora ad Alberobello e poi diventato assai importante per la cittadina, fu introdotto con molta probabilità da Isabella Filomarino, assai devota ai SS. Medici. La parte privata, riservata alla famiglia, era composta da 13 locali destinati “per uso di letti e per sala di ricevimento”, tra loro comunicanti e attigui alla cappella di famiglia. Il secondo piano dell’edificio fu elevato nel XVIII secolo. Gli interventi successivi del XIX secolo hanno profondamente modificato la struttura originaria del palazzo.