Il Cammello tra Sicilia e Calabria
Il simbolo del cammello, un fantoccio di stoffa o cartapesta montato su un’impalcatura di legno (sorretta e “animata” da uno o più portatori), è uno degli elementi esotici più diffusi nella scenografia festiva dell’Italia meridionale. L’identità di questa ambigua figura è generalmente ricondotta allo scontro tra mori e cristiani e alla “liberazione” normanna del Mezzogiorno dalla dominazione araba, di cui il cammello sarebbe l’emblema. Il più importante e famoso è senz’altro il Camiddu di Messina, anche se è la Calabria a vantare il maggior numero di esemplari. Nonostante Messina e la Sicilia abbiano una tradizione più antica, che è stata fonte di ispirazione per le stesse cittadine calabresi, è dall’altra parte dello Stretto che oggi si assiste ad un interessante revival di figure gigantesche zoomorfe: oltre ai cammelli, ai ciucci e ai cavallucci, troviamo anche elefanti e giraffe. Nella maggior parte dei casi, si tratta di animali di cartapesta, stoffa e cartone, alcuni dei quali vengono bruciati alla fine dei festeggiamenti, dopo aver funzionato come impalcature danzanti a supporto di un intricato meccanismo pirotecnico. In tale versione, essi somigliano alle cosiddette pupe o pupazze abruzzesi (pullicinelle in calabrese), ovvero a quelle enormi figure femminili (cave all’interno e dotate di uno scheletro di legno rivestito), che per alcuni studiosi sarebbero una variante italiana dei giganti processionali e da corteo europei, anch’esse usate per lo spettacolo pirotecnico che conclude le festività. Questa tipologia di cammelli, trasformati in macchine esplodenti, è oggi preponderante nelle feste calabresi. Meno presente è, invece, la più antica e complessa figura del cammello sormontato dal piccolo moro, che ritroviamo ancora nell’ommegang (processione) di Termonde, nel Belgio fiammingo (dove sfila un variegato corteo di giganti e animali fantastici). Come per i giganti, anche nel caso del cammello esistono varie spiegazioni, che mescolano elementi storici e tratti leggendari. Il significato originario del cammello siculo-calabrese è quasi sempre ricondotto all’ epopea di Ruggero il Normanno, colui che mise fine al dominio arabo nell’Italia meridionale. Solo raramente si fa riferimento alla scena olografica della natività di Gesù. A Palmi (Reggio Calabria), la figura del cammello è stata sostituita di recente dal cavalluccio.