La storia della Casazza di Caltanissetta
Nel 1801 la Casazza del Giovedì Santo venne abolita, per poi essere riscoperta quarant’anni dopo da un membro della Confraternita, il farmacista Giuseppe Alesso, che riuscì ad allestire alcune scene statuarie ispirate al racconto della Passione. Nel giro di pochi anni, Alesso e i suoi collaboratori migliorarono e sostituirono i primi gruppi, fino a raggiungere il numero di quattordici Misteri. Ben presto, però, le spese e le difficoltà gestionali imposero agli organizzatori della processione di affidare la cura dei gruppi statuari alle Corporazioni cittadine, che adottarono man mano tutte le Vare. L’ingresso delle Corporazioni portò al restauro, al completamento e all’arricchimento dei gruppi, grazie anche allo spirito di emulazione e competizione instauratosi tra i ceti. Dopo una quasi ventennale stagione di decadenza (protrattasi tra il 1866 e il 1881), che portò ad una drastica riduzione delle Vare portate in processione, a partire dal 1882, un gruppo di zolfatari (scampati ad un grave incidente) e il loro datore di lavoro aprirono una nuova epoca per la processione del Giovedì Santo. I lavoratori della miniera di Gessolungo ordinarono a due scultori napoletani di talento, Francesco e Vincenzo Biancardi (padre e figlio), il rifacimento del Mistero della Veronica. Tutti i ceti seguirono il loro esempio e uniformarono artisticamente i rispettivi gruppi, affidandosi anch’essi all’arte dei Biancardi.