La storia antica della Settimana Santa di Siviglia
Alla fine del Medioevo, i riti extraliturgici di tipo penitenziale (come quelli che prevedono l’autoflagellazione) e le rappresentazioni teatrali della Passione (come la Via Crucis) si svolgevano ancora all’interno delle chiese o nell’ambito delle celebrazioni ufficiali della Pasqua. La decisione delle autorità ecclesiastiche di spostare tali manifestazioni di culto lontano dal sagrato (XVI secolo), favorì la diffusione e il protagonismo delle Cofradías de la Semana Santa: un tipo particolare di Confraternite (spesso fondate da una corporazione, da un gruppo etnico o da un ceto nobiliare), che avevano come obiettivo principale l’imitazione del martirio di Cristo e l’adorazione della Madonna Addolorata. Una missione a cui adempivano durante la Settimana Santa, mettendo in scena una Estación de Penitencia, ovvero la rievocazione – divisa in “stazioni” – dell’ascesa di Cristo al Calvario: una forma di penitenza pubblica, che spesso prevedeva anche la cruenta autoflagellazione dei Confratelli (che si disinfettavano con un infuso contenente vino cotto, alloro, rose, viole, rosmarino e mirto in polvere). Agli albori dell’età moderna, le Confraternite partecipavano anche alle processioni del Corpus Christi, uno spazio scenico in cui si svolgevano diversi spettacoli a tema sacro. In tale contesto rituale, infatti, le corporazioni cittadine mettevano in scena rappresentazioni agiografiche o bibliche (dette autos sacramentales), che prevedevano anche la partecipazione dei Giganti e della Tarasca. In origine, i protagonisti dei riti pasquali erano i disciplinati o Nazzareni (vestiti con una tunica bianca, incappucciati, cinti da una corona di spine e scalzi), che compivano le loro processioni con la statua della Madonna, le croci e gli strumenti della flagellazione. Nella seconda metà del Cinquecento, grazie all’impulso del Concilio di Trento, la Settimana Santa sivigliana iniziò a trasformarsi. L’esistenza di un numero elevato di Confraternite, che spesso svolgevano le rispettive processioni in modo scomposto e poco consono ai dettami della Controriforma, spinse le autorità a rafforzare il controllo civile ed ecclesiastico sui riti penitenziali delle Settimana santa. Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, prese avvio una severa regolamentazione dei riti pasquali, con l’obiettivo di evitare gli eccessi, prevenire gli incidenti e dare uniformità alle manifestazioni del culto popolare. Un provvedimento dell’arcivescovo di Siviglia emanato nel 1604 impose a ciascuna Confraternita di compiere in modo uniforme e ordinato una “stazione” penitenziale presso la Cattedrale, proibì le sfilate notturne e assegnò a ogni sodalizio orari e itinerari da rispettare.