La Settimana Santa di Taranto
Il Giovedì Santo, a Taranto, si può ammirare una scena peniteziale antica e suggestiva: a coppie (la posta), i membri della Confraternita del Carmine escono in pellegrinaggio tra le chiese cittadine per l’adorazione del Santissimo Sacramento (o, come vuole una tradizione inesatta, dei Sepolcri). Nel dialetto locale prendono il nome di Perdùne. Si tratta di devoti che attraversano le strade della città a passo lentissimo (la celebre nazzecàte), vestiti con il caratteristico sacco bianco, scalzi e incappucciati, e con in mano la mazza dei pellegrini. A mezzanotte in punto il rito viene sospeso: riprenderà il mattino seguente. Nel frattempo, va in scena un’intensa processione con la bellissima statua seicentesca di Maria Addolorata (a cura dell’onomina Confraternita), che durerà fino all’ora di pranzo. Solo il tempo di un breve riposo e si riparte con la processione dei Misteri del Venerdì Santo (di origine settecentesca), che si protrarrà fino all’alba del giorno successivo e che ricade sotto la responsabilità dei confrati del Carmine. Il corteo è aperto dalla troccòla, un rudimentale strumento in legno e metallo (usato tradizionalmente in sostituzione delle campane durante la Settimana Santa), che detta il tempo alla sfilata e introduce i gruppi statuari della Passione: il Cristo all’orto, il Cristo alla Colonna, l’Ecce Homo, la Cascata, il Crocifisso, la Sacra Sindone, il Cristo morto e l’Addolorata.
Una caratteristica peculiare della Settimana Santa di Taranto è la famosa Gara che le Confraternite svolgono durante la Domenica delle Palme. Si tratta di un’asta in cui i membri dei sodalizi dell’Addolorata e del Carmine si contendono l’onore e l’onere di portare in processione i Misteri e gli altri simboli della Passione. Una tradizione che ci ricorda come i riti della Settimana Santa siano, al tempo stesso, un atto di fede incondizionata e il momento in cui la cittadinanza mette in mostra e rinegozia i suoi equilibri sociali.