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Gli apparati scenici nella ricorrenza del martirio

In età moderna, le celebrazioni del 19 settembre si sviluppavano proprio attorno alla Guglia (decorata e illuminata per l’occasione) e prevedevano un grandioso allestimento ottenuto grazie all’impiego di complessi apparati scenici (archi, colonne, fontane, piramidi, torri). Non mancavano i fuochi artificiali, i giochi di luci, ombre e suoni (ottenuti grazie alle cosiddette “macchine delle luminarie”). Un ruolo centrale era svolto anche dalle rappresentazioni teatrali che riproducevano gli epidosi cruciali dell’agiografia. Le “macchine” di San Gennaro e tutti gli altri apparati effimeri costituivano un’enorme struttura scenografica allestita di anno in anno per ospitare gli eventi extra-liturgici. L’intento non era solo quello di rappresentare in modo impressionistico le virtù cristiane, i luoghi e gli episodi simbolo della vita e del martirio del Santo, ma anche quello di consentire ai suoi fedeli di prendervi parte come protagonisti, ciascuno nel ruolo e nella posizione che gli competeva. Alcuni apparati, in particolare quelli dedicati ai miracoli compiuti dal Santo al cospetto dei suoi aguzzini e alla scena del suo martirio, prendevano il nome di Misteri: la stessa denominazione usata altrove, in Italia meridionale e in Spagna, per indicare le rappresentazioni della Passione di Cristo con personaggi viventi, gruppi statuari e apparati simbolici. Le fonti ci descrivono nel dettaglio, oltre al mistero della decollazione (la decapitazione di San Gennaro ad opera dei soldati romani), anche quelli della fornace (1701) e dei leoni  (1734): il primo ritraeva Gennaro nell’atto di uscire indenne dal fuoco, il secondo, invece, ricordava l’episodio dei felini inginocchiatisi al cospetto del Santo. Non tutte le “macchine”, però, erano dedicate alla vita terrena di Gennaro. Alcune di esse, infatti, evocavano eventi miracolosi verificatisi nel XVII secolo, quando grazie all’intercessione del Santo la città si sarebbe salvata dalla furia distruttrice del Vesuvo (1631) e dal flagello della peste (1656).