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La Festa di Sant’Agata a Catania

La festa di Sant’Agata a Catania, che si tiene ogni anno nei giorni dal 3 al 5 febbraio, è una grande festa civica che si svolge, con enorme concorso di popolo, in ricordo e in onore di Agata martire della fede cristiana giustiziata al tempo dall’imperatore Decio, nel 252, dopo essere stata torturata ed avere subito la mutilazione delle mammelle. La tradizione agiografica vuole che Agata sia stata martirizzata non solo per la sua ostinazione a non voler abbandonare la fede in Cristo ma anche per la sua volontà di mantenersi vergine respingendo le profferte del governatore romano Quinziano.

Mentre il culto della Santa si diffuse largamente già in epoca antica e medievale, la festa in suo onore venne istituita dopo il ritorno delle reliquie in città, nel XII secolo. Trafugati nel 1040, i resti di Agata vennero riportati in città il 17 agosto 1126 ed è appunto a partire da quella data che si iniziarono a praticare festeggiamenti in onore della Santa, divenuta Patrona della città. In ricordo del ritorno delle spoglie di Agata in città ogni 17 di agosto si svolge un’ulteriore festa, di minore rilievo ma ugualmente partecipata.

Benchè molto cambiate con il passare dei secoli, le feste in onore di Sant’Agata mantengono parecchi elementi di continuità con il loro passato. La festa di febbraio si svolge come una sfilata di grandi ceri di legno scolpito, oggi in numero di dodici, dorati e riccamente addobbati, ognuno dei quali rappresenta una delle antiche maestranze o corporazioni di mestiere. Nei giorni precedenti la festa questi ceri, chiamati cannalore, si muovono per i rioni fermandosi davanti alle case e botteghe degli appartenenti più in vista alla corporazione e ricevendo in cambio congrue offerte di denaro per la festa. A seguire le cannalore, durante la festa, sta il fercolo, un carro poggiato su ruote gommate che trasporta le reliquie della Santa, incorporate in un mezzo busto d’oro e argento finemente cesellato e protetto da un baldacchino. La processione segue un percorso prestabilito che inizia il 4 mattina all’alba e si conclude nella notte del 5, spesso molto tardi. Il fercolo è spinto ma soprattutto tirato da lunghe funi che vedono centinaia di persone alternarsi nella funzione di trascinamento. Nelle due giornate la processione svolge un percorso diverso: il 4 si ha il cosiddetto giro esterno in cui si ripercorre la linea delle antiche mura cittadine, quasi a volerle segnare e per così dire «abbracciare» la città. Il 5 febbraio invece la processione si dedica al cosiddetto giro interno e cioè ripercorre – avanti e  indietro  – la via principale della città, la via Etnea, e alcune delle altre principali strade del centro storico.

I fedeli, organizzati da speciali associazioni quali Il circolo cittadino di Sant’Agata, si vestono a migliaia con uno speciale saio bianco (chiamato sacco) con guanti bianchi e berrettini neri. Si vuole che tale vestimento si ispiri alla leggenda che vorrebbe essere stata notturna e improvvisa l’entrata in città delle spoglie della santa, vedendo così la popolazione accorrere in camicia da notte. Durante la festa i guanti, usati per trascinare il fercolo, vengono anche agitati in segno di esultanza, rispondendo alle grida che la folla si rimanda ogni pochi secondi reiteratamente.

La più famosa e ripetuta di queste grida delinea precisamente la fisionomia del culto di Agata come culto civico, festa cittadina per eccellenza: il grido, infatti, ripetuto ossessivamente afferma in dialetto Cittadini, fedeli tutti, Viva Sant’Agata. La Santa Patrona è una madre protettiva della città e la popolazione intrattiene con Lei un colloquio intimo, sentimentalmente intenso, come testimoniano i diminuitivi con cui viene invocata: Santuzza o Aituzza.

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