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La crisi del Seicento e il dominio della cerealicoltura

GranoIl Seicento, il secolo del Barocco, fu un periodo di grave crisi demografica ed economica per gran parte dell’Europa. Una lunga serie di carestie, unita alla diffusione di epidemie di peste e altre malattie e al proliferare delle guerre, su tutte la Guerra dei Trent’anni, portarono a una generale stagnazione della crescita della popolazione europea e, in alcuni paesi (Germania e Polonia), addirittura a una diminuzione nel corso dell’intero XVII secolo. Con l’eccezione delle isole britanniche, delle terre scandinave e delle Province Unite, dove l’espansione economica generò anche una crescita della popolazione, nel resto del continente il numero dei morti eguagliarono e a volte superarono il numero delle nascite. Nell’Europa mediterranea, ed in particolare in Spagna e nell’Italia spagnola, il fenomeno fu evidente. La peste aveva già colpito Genova, la Catalogna e la Castiglia sul finire del Cinquecento, ma fu con il secolo successivo che si videro gli effetti più distruttivi di cattivi raccolti, guerre, epidemie e carestie. Milano, ad esempio, perse il 47 per cento della sua popolazione in seguito alla carestia del 1628-29, alla peste del 1629-31 e agli effetti della Guerra dei Trent’anni, in cui il ducato di Milano svolgeva un ruolo chiave. Negli anni centrali del secolo, furono colpite anche la Spagna (1647-51), la Sardegna (1652-56), Genova e l’Italia meridionale (1656-59).

Sulla mancata crescita della popolazione europea nel Seicento pesarono anche altri importanti fattori di natura sociale e culturale. La concentrazione della ricchezza in mani di gruppi sociali poco propensi agli investimenti e all’introduzione di migliorie nel settore dell’agricoltura si sommò all’aumento dei prezzi agricoli, che nei primi decenni del Seicento favorì, soprattutto nell’Europa mediterranea e orientale, il predominio della cerealicoltura. Tale predominio aumentava i rischi che uno scarso raccolto si trasformasse in carestia, mentre la diversificazione delle colture avrebbe rappresentato un efficace antidoto contro i danni causati dal clima. Se è infatti vero che l’Europa visse, dagli anni Novanta del Cinquecento fino alla metà del XIX secolo, una piccola età glaciale, che causò l’avanzata dei ghiacciai e il rallentamento nel processo di maturazione di prodotti quali l’uva e il grano (e nella crescita degli alberi), la presenza di diversi tipi di coltivazioni, ognuna con un diverso grado di resistenza al freddo, avrebbe diminuito di molto il rischio di carestie. Inoltre, la cerealizzazione dell’agricoltura portò a una riduzione degli spazi destinati all’allevamento e, di conseguenza, una minor produzione di concime per i campi, già impoveriti a livello chimico dalla cerealicoltura. Meno allevamento significava anche minor consumo di carne, con la conseguenza di un generale abbassamento della statura e della stazza media degli uomini europei. L’impoverimento del suolo, la mancanza di innovazioni tecniche e il peggioramento delle condizioni climatiche causarono dunque un forte abbassamento delle rese agricole, specialmente del grano.

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