Giuseppe Cino: Palazzo dei Celestini, Chiesa del Carmine, Chiesa di Santa Chiara
Oltre che autore di Memorie, cronaca di fatti accaduti a Lecce tra il 1656 e il 1719, Giuseppe Cino (1645-1722) fu uno dei massimi esponenti del Barocco leccese. Architetto e scultore, la sua formazione professionale si svolse sotto la guida e l’influenza dei grandi maestri che operavano in quegli anni nella città salentina, su tutti Giuseppe Zimbalo.
A Cino sono stati attribuiti molti dei monumenti più rappresentativi dell’arte barocca a Lecce. Certamente opera sua fu il seminario, ma aveva lavorato anche alla costruzione del monastero dei CelestiniI Celestini, detti in origine fratelli di Santo Spirito o majellesi (dal monastero di Santo Spirito a Majella) e poi morronesi (dal monastero del Morrone), erano i monaci appartenenti alla Congregazione fondata da Pietro del Morrone nel XIII secolo. Assunto il nome di Celestini dopo il pontificato e la canonizzazione di Pietro del Morrone (papa Celestino V), si diffusero nei secoli successivi anche al di fuori dell’Italia. I monasteri dell’Ordine furono tutti soppressi a cavallo tra XVIII e XIX secolo. negli anni immediatamente precedenti, a partire dal 1686. L’architetto si era occupato del secondo piano, che infatti si differenzia per una maggiore fantasia rispetto al rigido geometrismo di Giuseppe Zimbalo, che aveva realizzato il primo piano. Per quanto riguarda invece la chiesa di S. Maria della Provvidenza o delle Alcantarine, Cino venne inizialmente incaricato della costruzione, a partire dal 1703. Tuttavia la chiesa, una delle più semplici e lineari del barocco leccese, appare oggi modellata sul progetto di Mauro ManieriMauro Manieri (1687-1743/44) fu un architetto leccese, esponente della grande età barocca vissuta dalla città salentina. Tra le sue opere, ricordiamo il Seminario Arcivescovile di Brindisi, la chiesa di Sant’Irene a Lecce e la facciata della cattedrale di San Cataldo a Taranto., l’architetto che ne ultimò la costruzione dopo la morte di Cino, nel 1724.
La chiesa del Carmine, adiacente al convento dei Carmelitani, venne invece realizzata sul disegno di Cino, che vi lavorò a partire dal 1711 e fino alla sua morte, nel 1722. L’opera, che anche in questo caso venne portata a termine da Mauro Manieri, o secondo altre fonti dal fratello di Cino, Donato, presenta una facciata divisa in tre ordini. Nel primo ordine, quattro nicchie poste simmetricamente ai lati del portale conservano le grandi statue dei profeti Elia ed Eliseo e dei carmelitani Sant’Angelo da Gerusalemme e Sant’Alberto degli Abati. La figura della Madonna del Carmine, cui la chiesa è dedicata, compare sul timpano curvilineo del portale. Nel secondo ordine, un finestrone in posizione centrale divide le due nicchie occupate dalle statue di Santa Teresa d’Avila e Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Il terzo ordine riunifica visivamente l’intera struttura compositiva della facciata e si conclude con un frontone di ispirazione classica. L’interno della chiesa riproduce invece la forma del piede umano, con sei cappelle, tre per lato, arricchite da splendidi altari barocchi.
Tra le opere di Cino va annoverata anche la ricostruzione della chiesa di Santa Chiara, tra il 1687 e il 1691. La facciata, divisa in due ordini, presenta anch’essa varie nicchie disposte simmetricamente ai lati del portale, nell’ordine inferiore, e del finestrone centrale, nell’ordine superiore. La chiesa ha una pianta di forma ottagonale allungata, con profondo presbiterio coperto con volta a stella.
Oltre che nelle vesti di architetto, Giuseppe Cino ha rappresentato l’arte barocca anche con alcune pregevoli opere scultoree, soprattutto altari. Gli sono attribuiti, ad esempio, gli altari di San Carlo Borromeo e di Sant’Andrea apostolo nel duomo di Lecce.