Gli oppositori del Santo Ufficio siciliano
Il primo tentativo di introduzione del tribunale in Sicilia è del 1483. L’istituzione però comincia a funzionare solo dal 1500, quando agli inquisitori inviati dalla Castiglia vengono assegnati i fondi necessari per affittare un immobile dove stabilire la loro residenza e ospitare gli ambienti necessari alla vita istituzionale, le aule giudiziarie e le prigioni. L’impianto stabile e definitivo del Santo Ufficio in Sicilia avviene nel 1543, al termine di un lungo e tormentato cinquantennio. Il periodo è segnato dai contrasti violenti fra il parlamento, dove siedono i maggiorenti siciliani, e le autorità viceregia e inquisitoriale che, forti della protezione sovrana, attuano una sistematica politica di penetrazione nel tessuto sociale siciliano, che osta con il tradizionale patto costituzionale che lega il regno di Sicilia alla monarchia cattolica. Le iniziali diffidenze, che si erano compendiate negli appelli alla regina Isabella e che avevano dato luogo alla riaffermazione da parte del pontefice, alla fine del Quattrocento, della necessità dell’impianto dell’istituzione nel regno per sradicare l’eresia diffusasi nell’isola «huiusmodi pestem», si trasformano nella prima metà del Cinquecento in una vera e propria resistenza, attuata sia nelle sedi di trattativa politica che con ribellioni di massa. L’istituzione, tollerata e talvolta favorita nei momenti di tranquillità sociale e politica, diventa uno dei primi e principali bersagli da colpire nei momenti di tensione popolare.
La rivolta del 1516 contro il viceré Ugo de Moncada (1509-1516), quella dell’anno seguente, detta di Gian Luca Squarcialupo, contro il viceré Ettore Pignatelli (1517-1535), la ribellione capeggiata dal conte di Cammarata del 1523 hanno come obiettivo non solo la destituzione dei viceré ritenuti eccessivamente autoritari ma anche lo smantellamento dell’organizzazione inquisitoriale recentemente instaurata. I tentativi insurrezionali si alternano alle suppliche inoltrate al sovrano di osservare i canoni e le procedure inquisitoriali in vigore nell’isola nei tribunali episcopali, prima dell’impianto dell’Inquisizione “nella pianta spagnola”.
I reiterati dinieghi dell’imperatore di fronte alle richieste del parlamento di abolire l’Inquisizione all’ “uso spagnolo” si stemperano in occasione del soggiorno di Carlo V a Palermo del 1535, durante il quale vengono sospesi i privilegi del Santo Ufficio per un quinquennio. Il breve periodo che prelude alla reintroduzione definitiva del tribunale, nel 1543; esso opererà in Sicilia fino al 1782, quando la sua chiusura sarà celebrata con il rogo di tutta la documentazione relativa al suo operato, rendendo estremamente difficile la ricostruzione delle sue vicende per i posteri.