Porta Nuova, il Palazzo dei Normanni e i Quattro canti
Dopo il silenzioso monito dell’arcivescovo, il viceré può ammirare alla fine del CassaroLa strada è il frutto di fatiche decennali. Viene iniziata, proprio al lato opposto da quello dello sbarco del nostro viceré, dove sorgono il Palazzo reale e la Cattedrale, nel 1567. Si prosegue a tappe, con una certa lentezza, perché si tratta di demolire gran parte delle costruzioni che sorgono sulla direttrice. I lavori si concludono solo nei primi anni Ottanta del Cinquecento. la Porta Nuova (foto 1), una struttura ancora una volta memore delle architetture effimere innalzate per festeggiare un’entrata in città – nello specifico quella trionfale di Carlo V nel 1535 – e finalmente giunge al suo palazzo, anch’esso addobbato per l’occasione. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una costruzione che risale al Medioevo, come d’altronde denunzia il nome che oggi le si dà correntemente: Palazzo dei Normanni. La costruzione, tuttavia, fra Cinque e Seicento subisce delle modifiche sostanziali, in accordo con la funzione di centro di governo del Regno. Il viceré duca di Maqueda, raccontano le cronache, «levò all’edificio la forma di castello e ve ne diede un’altra di palagio»; in effetti, il suo intervento è l’ennesimo nel corso della prima età moderna. Attorno al cortile che ancora oggi porta il su nome si aprono ambienti destinati alle magistrature del Regno. Viene poi realizzata la sala parlamentare, oggi nota come Sala d’Ercole dal soggetto degli affreschi realizzati nel 1811, dove tuttora si riunisce l’Assemblea regionale siciliana.
L’azione politica, com’è noto, non si esplica solo nella decisione ma anche con la costruzione del consenso: parate, feste, processioni con l’occasione che offrono di mostrare lo spettacolo del potere danno in questo senso possibilità di accrescere il consenso. Talvolta, teatro di tali manifestazioni è lo spiazzo dinanzi al Palazzo regio, oggi occupato dalla villa Bonanno, così chiamata dal sindaco che nei primi del Novecento la realizza. Più spesso, però, il teatro degli spettacoli urbani è la Piazza Marina. Parte integrante dello spettacolo è quindi il corteo che lascia le stanze di Palazzo e si inoltra lungo il Cassaro per raggiungere il mare. Ancora una volta si offre l’occasione di apparati effimeri che decorano il percorso e che i poeti del tempo auspicano sempre più splendidi. Per nostra fortuna, di tali apparati effimeri è rimasto, in pietra, un testimone spettacolare: piazza Vigliena, dal nome del viceré che la inaugura, meglio nota a Palermo come i Quattro canti e nel mondo come l’Ottangolo, il Teatro del Sole, superba scenografia per le celebrazioni cittadine, opera di Giulio LassoGiulio Lasso (1565-1617) è stato un architetto fiorentino, famoso soprattutto per i suoi lavori in Sicilia. La piazza dei Quattro canti di Palermo è la sua opera più celebre. e di Mariano SmiriglioArchitetto, pittore e decoratore palermitano, Mariano Smiriglio (1561-1636) è stato uno dei principali esponenti dell’arte siciliana nella prima metà del Seicento..
La piazza sorge all’incrocio fra il Cassaro e una strada a esso perpendicolare, progettata dal Senato di Palermo nel 1596: un progetto ispirato in maniera evidente all’incrocio di via delle Quattro fontane realizzato pochi anni prima a Roma. La «via Maqueda», che prende il nome dal viceré che la inaugura il 24 di luglio del 1600, ridisegna la città, fornendo una nuova chiave di lettura della sua storia e del suo presente. Gli angoli dell’incrocio vengono riccamente decorati, con le statue delle stagioni accompagnate dalla raffigurazione simbolica degli elementi, dei sovrani e delle patrone di Palermo: nel cantone meridionale la Primavera accompagnata dalla Terra, Carlo V e S. Cristina; nel cantone occidentale l’Estate con il Fuoco, Filippo II e S. Ninfa; nel cantone settentrionale l’Autunno e l’Aria, Filippo IV e S. Oliva (foto); nel cantone orientale l’Inverno e l’Acqua, Filippo III e S. Agata: piccole variazioni su uno schema che si ripete uguale e che provoca allo spettatore una sorta di vertigine.