Artisti italiani in Spagna: il caso di Luca Giordano
Nel monastero dell’Escorial il napoletano Luca Giordano, invitato nel 1692 dal re Carlo II ad assumere l’incarico di pittore di corte, diede vita a una tra le imprese artistiche più grandiose promosse nella seconda metà del Seicento. La sua chiamata fu quasi obbligata, non solo per gli stretti legami che intercorrevano fra Napoli e la Corona spagnola, ma anche perché egli era il più famoso frescante d’Europa. La cronologia del suo soggiorno spagnolo trova conferma nei documenti e nello stile. Nella volta dell’Escalera (1692-aprile 1693) Giordano dipinse un vasto affresco che esaltava le gesta di Carlo V e Filippo II, sovrapposto a un fregio con la Battaglia di San Quintino, evento che aveva originato la costruzione del monastero. Il programma figurativo, che esaltava la funzione dell’Escorial e della monarchia spagnola nel disegno divino, venne negoziato in corso d’opera, sempre tenendo conto dell’inclinazione e del talento dell’artista. Egli riuscì a creare uno stile accattivante: mentre la sua vena encomiastica si adattava all’esaltazione della monarchia, nel fregio trovava il gusto del battaglista che a Napoli non aveva potuto esprimere. Nella grande volta, pensata come uno spazio profondo che prolunga all’infinito la verticalità dell’ambiente, trasferì la liquefatta scioltezza dei suoi bozzetti. In seguito, tra il 1693 e il 1694, dipinse le volte della chiesa del monastero con storie del Vecchio e Nuovo Testamento e scene della vita di Davide e Salomone, presentate come prefigurazioni di Carlo V e Filippo II. Superbe nella fluente narratività, il Transito della Vergine e le Vicende del popolo ebraico lasciano allo spettatore l’impressione di un’improvvisazione su larga scala sostenuta in un solo fiato. Ammirando questi affreschi, il seguace Antonio Palomino definì il maestro “padre della storia con il pennello, come Erodoto lo fu con la penna”. Negli anni successivi e fino al ritorno a Napoli (1702), il pittore produsse un gran numero di cicli con storie bibliche, fra le quali dominano quelle di Davide e Salomone per il Retiro (1695), le due serie della Vita della Vergine di Guadalupe a Vienna (1696-1697) e gli affreschi della volta del Casón del Retiro (1697), luogo di rappresentanza e sala da ballo. Qui il re ordinò a Giordano una decorazione integrale in cui l’accordo tra illusionismo cortonesco e naturalezza veneta raggiunse vertici insuperabili. Gli elementi più appariscenti della sua arte sono, in questa fase, la vena narrativa e il forte illusionismo, arricchito dalla conoscenza di Velázquez. Alcune grandi tele dell’artista napoletano, conservate all’Escorial, nel museo del Prado e nel Palazzo Reale di Madrid, si avvicinano alla grande decorazione francese (Versailles, decorata a partire dal 1680), mantenendo tuttavia un saldo legame con la tradizione e l’elemento religioso. La presenza fisica di Giordano a Madrid, la sua capacità inventiva e la straordinaria rapidità della tecnica, impressionarono fortemente gli artisti locali: nonostante fosse un autore difficile da imitare, egli riuscì a rinnovare lo stile spagnolo del tardo barocco arrivando con la sua influenza fino a Goya. (immagine: la Alegoría del Toisón de Oro, nel Casón del Buen Retiro).