Alle origini della pittura del Siglo de Oro: cultura italiana e primo naturalismo spagnolo. I fratelli Bartolomé e Vicente Carducho
Negli ultimi decenni del Cinquecento Filippo II tentò di dare vita a un’arte austera, ricca di fervore devozionale, che traducesse i dettami della Riforma Cattolica. La sincera religiosità del sovrano spagnolo, che si fondava su un profondo amore per la concretezza, favorì la nascita di una pittura realista, emozionante e talvolta profondamente visionaria. Il soggetto religioso venne tradotto dagli artisti con un’immediatezza e un’attenzione per il quotidiano che rispettavano pienamente i precetti della Chiesa. L’arte spagnola del periodo è dunque caratterizzata da tratti fortemente realistici, desunti dal naturalismo tenebrista italiano. Al monastero dell’Escorial Filippo II, cosciente dell’importanza di proporre un’arte dogmatica e pedagogica, fece convergere pittori italiani e spagnoli che, aderendo a severi programmi di verosimiglianza, compostezza e decoro, determinarono la creazione di uno stile realistico e di stretta osservanza che viene indicato come primo naturalismo. Alla nascita di questo stile contribuirono in misura consistente sia la tradizione veneta (i Bassano soprattutto) conosciuta dagli artisti spagnoli del secondo Cinquecento e nota attraverso i capolavori veneti che arricchivano la collezione reale, sia gli artisti italiani che soggiornarono a corte, tra questi Federico Zuccari e Luca Cambiaso, che con la sua luce particolare e la semplicità dei volumi puri influenzò fortemente la pittura locale. L’apporto italiano fu dunque fondamentale per la nuova pittura spagnola basata su verità, concretezza degli accessori e dei tipi umani e su intensi contrasti di luce e ombra. I fratelli Bartolomé (1560 ca. – 1608) e Vicente Carducho (1578 ca. – 1638), discendenti da famiglia fiorentina, incarnano l’apice di questo primo stile naturalistico. Dopo aver svolto il tirocinio a Firenze presso Bartolomeo Ammanati, il giovane Bartolomeo Carducci si recò in Spagna con il maestro Federico Zuccari e una volta giunto all’Escorial decise di rimanervi. Unendo al rigore per il dettaglio della pittura zuccaresca elementi di derivazione michelangiolesca e spunti tratti dalla tradizione veneziana, realizzò capolavori di grande realismo come la Morte di San Francesco (1593, Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga) e la Deposizione (1595, Madrid, Museo del Prado), dove la sensibilità del colore rivela l’attento studio dei veneti. Nel 1598 la fama crescente di Bartolomé fu coronata dalla nomina a pittore di corte da parte di Filippo III. Il fratello Vincenzo (Vicente), suo diretto allievo che si cimentò anche nella scrittura (suoi i Dialoghi della pittura, 1633), fu figura di spicco a corte prima dell’arrivo di Velázquez. Autore dei più complessi cicli monastici del tempo, oggi purtroppo dispersi, e di tele come l’elegante Annunciazione (1610, Madrid, Prado), nella sua produzione il tono nobile e misurato si fonde con il colore veneziano e la preziosità delle vesti di ricordo toscano, in un perfetto adattamento dei modelli italiani alle esigenze spagnole. Negli anni Trenta Vicente realizza diverse pale d’altare, come quella solenne e ricca di fervore devozionale che raffigura San Francesco d’Assisi davanti all’Immacolata (1632, oggi a Budapest, Magyar Szépmüvészeti Múzeum, nell’immagine).